Dalla filosofica superiorità spirituale
alla filosofia della conoscenza scientifica
La filosofia che contribuì negli ultimi millenni all’evoluzione del pensiero umano, non sembra ora più in grado di custodire e fronteggiare tutto lo slancio che l’ha vista ascoltata protagonista, in quanto è rimasta orfana di quell’incisivo respiro pieno di vitalità, mediante il quale conferì prestigio alla cultura europea occidentale.
Pare, infatti, che l’annientamento dei suoi insegnamenti, sia stata una forma di autodistruzione programmata da tempo dagli stessi filosofi, perché essa non si occupava più delle dottrine di pensiero. Azione e pensiero sono, quindi, l’esito senza tradizioni di un processo che ha avuto sovente la presunzione di cambiare il mondo e di realizzarsi come originaria corrente culturale nell’adempimento ed evoluzione dell’opera umana.
Se la filosofia non esplica più una libera presenza bensì, la forma di una pesante ed oggettiva sudditanza, essa trascinerà con sé la già decadente cultura, perché non è più capace di proporre nuove idee, nonostante sia in condizione di confutarne quelle esistenti. Però, nella logica, non crea alcun mutamento e non si preoccupa di trarre suggerimenti da tutto ciò che le viene prospettato e che potrebbero avere un maggior peso della stessa proposta.
È da lungo tempo che la cultura parla solamente a sé stessa ma senza coinvolgere la vita delle persone e rivelandosi servile nei confronti della scienza e dell’ingegneria. Essa, classica cultrice, si appresta alla fine della conoscenza umanistica, poiché la cultura della crisi, iniziata con il primo ‘900 e diventata poi crisi della cultura verso la metà dello stesso secolo, aveva bisogno, per sopravvivere, di essere il principio logico secondo il quale ogni concetto è uguale a sé stesso in anima, corpo e mente (l’Identità) e l’avanzamento verso forme di cultura e di civiltà più evolute ma ancor più di conoscenze scientifiche e condizioni di vita alternative di modelli sociali di patria, religione e di una comunità basata su origini comuni e interessi pratici; di idee come componenti di una comunità, tenendo presente la differenziazione di una partecipazione a dei valori condivisi nei loro concetti di universalità, come riferimento di obiettivi altrimenti, la filosofia rimane un fattore individuale ed intellettuale di marginale accoglienza.
È inutile restare incerti ed indecisi sulla crisi in atto, perché la cultura ha valore solamente se esprime una tendenza di vita (culturale) ideologica o politica, altrimenti “è e resta” un ampio corredo di cognizioni di varie discipline (l’erudizione) o un concetto che attribuisce un particolare valore alla conoscenza dell’intelletto, ma mettendo in subordine altre facoltà quali: l’intuizione, la volontà; l’emotività.
La cultura dovrà, quindi; esprimere una concezione di vita globale che richieda un atteggiamento severo e responsabile. La cultura perdurerà se si stupirà ed assumerà un entusiastico impegno per la sua nascita e la sua rinascita; se si predisporrà ad un profondo condoglio per la sua morte; se assaporerà l’ultimo stadio della sua vita e il limite della propria finitudine.
La cultura e la filosofia non devono fuggirsene dalle nascite e le morti, ma rinnovare l’insieme delle conoscenze, delle aspirazioni e idee delle persone nel timore di dovere, poi,rendere conto a Dio, allo spirito e al suo soprannaturale manifestarsi all’uomo.
In un confronto tra utilità della conoscenza scientifica e tecnologia con l’inutilità delle scienze umanistiche, c’è un divario da considerare per chiarire le disponibilità economiche in rapporto agli intendimenti dichiarati.
Se la scienza e tecnologia offrono una condizione di vita di maggiore agiatezza predisponendosi a possibili condizioni sfavorevoli, la cultura va oltre i bisogni e i mezzi per soddisfarli, identificandosi con la libertà; il ragionamento, il senso dell’estetica; i vincoli sentimentali e morali; la nostra apparizione e la sua sorte futura.
Se la scienza ci da l’opportunità di relazionarci attraverso la realtà concreta, percepibile con l’esperienza sensibile delle cose, la cultura ci consente di vivere liberi rapporti attingendo alla nostra umanità. Solo così la cultura, dopo essersi appropriata del suo ruolo, potrà riproporsi come il fine a cui tendere, affinché il tutto ci conduca ad un conclamato rapporto con la civiltà; al suo insegnamento e continuità con la tradizione.
Essa si perpetua mediante l’esperienza di vita, i primi rudimenti, le condizioni elementari e le consuetudini che sono un fascio di risorse umane.
Se la cultura trasmette idee e pensieri di vita attraverso il sapere, la tradizione si eredita.
Sarebbe bene riunire cose e avvenimenti in facile e ordinata successione, perché la cultura, che ama la natura, non accetta l’idea di una vita condizionata da processi tecnologici che fanno dell’uomo un automa, poiché il pensiero è una estensione culturale e una capacità ideologica; una intensità di ispirazione; una espressione e risonanza di notizie e di opinioni.
Tutto ciò ci fa sperare in un “miracolo” e a non disperdere quel pensiero filosofico che Dio ha dispensato all’uomo, suo figlio prediletto, affinché egli glorificasse il suo nome in eterno.
Se il “prodigio” non accadrà, la filosofia morirà e all’uomo non resterà che esclamare:
-“Viva la filosofia!”
Ascona, Aprile 2014
Fabbri Giancarlo
“Membro della Società Teosofica Svizzera”