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Rivista Teosofica Svizzera/Ticinese (ADYAR)

~ Società Teosofica Ticinese ri-fondata il 29/9/2009.

Rivista Teosofica Svizzera/Ticinese (ADYAR)

Archivi della categoria: Giancarlo Fabbri

BELLEZZA E GENIALITÀ, Giancarlo Fabbri

04 giovedì Giu 2020

Posted by abcsocial in Articoli della Rivista Teosofica Ticinese, Giancarlo Fabbri

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a Davide e Yasmean

 

BELLEZZA E GENIALITÀ

 

Vorrei raccontare in maniera essenziale l’esistenza di una attrice ritenuta la donna più bella del monto, che ha saputo conciliare il mondo della “settima arte” con quello della progettualità frequentando la facoltà di ingegneria a Vienna dove non avrà concorrenti maschi.

All’anagrafe si chiamava Edwing Eva Maria Kiesler, era nata a Vienna da una famiglia dell’ata borghesia Ebraica che le impartì una educazione alquanto ottocentesca tantoché, alla età di 5 anni palava 4 lingue, a 10 anni suona bene il pianoforte, quale preludio di una geniale predisposizione all’apprendimento.

Quando già ventenne entrava in una strada e iniziava a dialogare, nessuno degli astanti la ascoltava e i loro sguardi erano come rapiti dal movimento delle sue labbra a ogni parola.

Poco tempo dopo, il regista Cecoslovacco Gustav Machaty la sceglie come interprete del film “Estasy” dove, per la prima volta, una attrice si esibisce del tutto nuda.

Dall’Europa si trasferisce negli stati uniti dove la M.G.M. le offre un contratto a condizione che “perfezioni” il suo inglese e cambi il suo nome, assumendo quello d’arte di Hedy Lamarr.

Girerà così vari film con attori di fama mondiale, tra i quali Clark Gable e Spencer Tracy.

Ma, nonostante il fascino della cinematografia, nessuno dei suoi film sarà attraente come la sua vita, così ricca di talentuosa creatività che male si coniugava con la logica di mercato della Metro Goldwyn Mayer.

“L’intelligenza le avrebbe compromesso l’immagine“

In pari tempo, nel campo ingegneristico, Hedy progetta un metodo di guida a distanza riguardante il lancio di un siluro con un sistema di modulazione che codificava, “tagliuzzandole”, delle informazioni da trasmettere e ricevere su frequenze radio che arriveranno agli interessati, (gli unici in grado di renderle utilizzabili, conoscendone la sequenza) e consentendo loro la deriva dei siluri nemici e, in pari tempo, la non ingerenza delle proprie frequenze.

Ma nonostante ciò, la marina militare Americana, pur riconoscendole una indubbia validità, si rifiutò di accoglierla in quanto inventata da una donna e perciò non convincente secondo l’esercito e la marina degli Stati Uniti.

La mente di Hedy Lamarr partorisce idee che potrebbero decidere le sorti del secondo conflitto mondiale allor ‘quando la marina Tedesca rendeva inoffensivi i siluri Americani che provocavano sconvolgenti intrusioni nei segnali radio e gli Americani non sapevano come contrastarli, fintanto che Hedy, con la collaborazione del suo secondo marito, un musicista, adoperando dei rotoli di carta perforati dei pianoforti meccanici, realizza un sistema che codificava la trasmissione delle frequenze radio che rendevano i siluri Americani invisibili ai Tedeschi.

Tutto ciò è stata la raffinata intuizione che sta alla base dei moderni Wi-Fi ed è una rivoluzionaria apparecchiatura crittografica che frutterà all’industria bellica Amerciana svariati miliardi di cui Hedy non riceverà alcun beneficio.

 

 

 

 

In ultima analisi e grazie ancora una volta alla estensione scientifica della Lamarr, si arriverà alla scoperta del cellulare, impiegato giornalmente nelle molteplici necessità della nostra incalzante modernità.

*    *    *     *

Hedy ha saputo conciliare la sua avvenente beltà e il talento inventivo, nonostante una tormentata irrequietezza e una carenza affettiva per la mancata presenza di quel focolare domestico e degli affetti familiari.

Hedy fu bellissima con una particolare “felicità d’ingegno” che la rese una donna di potere con decisioni manageriali,  ma fu anche un’anima senza amore e senza una vera famiglia e che detestava ogni giorno di più quel suo viso di perfezione che le aveva causato dolorose vicende e disturbi di cuore.

Si sposò 6 volte a altrettante volte divorziò, ma il suo vero amore – diceva il suo agente – era Heddy Lamarr.

*    *    *     *

È diventa ormai una persona in età avanzata con uno stato mentale caratterizzato da smarrimenti, disturbi emotivi, mancanza di chiarezza di pensiero e, talvolta, disorientamento  percettivo e, soprattutto, sfigurata da interventi estetici, muore d’infarto nel sonno a 81 anni, portando con se quella bellezza così vanamente osteggiata.

*    *    *     *

Alla sua morte ha voluto che le sue ceneri venissero disperse in quella fascinosa e seducente foresta Viennese, che Hedy amò tanto, dove i sogni si fanno realtà e la realtà si ammanta di meravigliosi e infiniti sogni. (meravigliosi)

 

 

 

 

 

 

Ascona, giugno 2020
Giancarlo Fabbri, Membro della Società Teosofica Svizzera

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Giancarlo Fabbri, CONVERGENZE FILOSOFICHE E RELIGIOSE DELLA RIVOLUZIONE CULTURALE DI CRISTO

27 martedì Nov 2018

Posted by abcsocial in Articoli della Rivista Teosofica Ticinese, Giancarlo Fabbri

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CONVERGENZE FILOSOFICHE E RELIGIOSE DELLA RIVOLUZIONE CULTURALE DI CRISTO

 

Verso la metà del secondo secolo dopo Cristo, un rabbino incontrò casualmente un cristiano nella città Greca di Corinto e con lui avviò un approfondito esame riguardante l’esegesi sulle profezie accolte nella Bibbia.

L’incontro tra i due venne poi evidenziato in forma scritta dall’interlocutore Cristiano, di nome Giustino, e ci è pervenuto fino ai nostri giorni con il nome di “dialogo con l’ebreo Trifone” il quale, a prima vista, lo riconobbe come un filosofo in quanto indossava un cappello, il cosiddetto “pallium”, indossato dai maestri di filosofia.

Orbene, non manifestandosi apertamente nessun impedimento, egli ricompose la sua evoluzione intellettuale che lo aveva visto vagabondare attraverso varie scuole filosofiche: da quella platonica che conduce alla contemplazione della bellezza delle cose terrene e al bello eterno e immutabile; a quella stoica, il cui ideale etico era rappresentato dall’inerzia, l’indifferenza, dalla mancanza di volontà e d’interesse verso la vita e ai sentimenti raggiungibili attraverso l’esercizio delle virtù, la liberazione dalle passioni e il vivere secondo natura; e infine, alla scuola del pensiero aristotelico, restandone però del tutto inappagato fintantoché ebbe l’opportunità d’incontrare un maestro che lo spronò all’interpretazione e al commento della Bibbia e alla filosofia cristiana, quale unica e vera condizione di arrivare con certezza alla verità in senso assoluto, la quale, essendo rivelata direttamente da Dio, era accettata per convincimento senza l’intervento della ragione su Dio, il mondo e l’uomo.

Alcuni secoli dopo, il Vescovo di una città dell’Asia minore scrisse all’Imperatore Marco Aurelio, così sensibile e favorevole ai filosofi, ma non altrettanto accomodante verso i cristiani, additandogli la concomitanza dell’ordinamento in successione nel tempo, la fondazione dell’Impero Romano e l’origine della filosofia Cristiana, volendo in tal modo predire a entrambi una sorte che li avrebbe accomunati nei secoli a venire.

Nel pensiero Cristiano di tutti i primi secoli, il Cristianesimo era ritenuto una filosofia e non mancarono i pensatori che contribuirono a mutare il pensiero, l’autorità della religione e della filosofia.

L’avvento del Cristianesimo ha inciso sulla religione intesa fino ad allora come un fattore pubblico con i suoi rituali ai quali nessuno attribuiva una credenza, al massimo un contesto storico e sociale in cui si svolgeva una narrazione.

Il parlare di dio riguardava, invece, la filosofia che aveva a cuore la realtà specifica dei princìpi basilari della stessa, dove la tradizione platonica coincideva col pensiero astratto, nel pensiero scientifico, oltreché il partecipare alla divinità celeste.

Le diverse filosofie potevano ispirare a sostenere una rilevante morale che si traduceva in un certo modo di essere, di comportarsi ed agire in una esistenza al riparo da chi invece conduceva una realtà dedita ai piaceri e tanto osteggiata con tenacia e forza d’animo dagli storici nell’affrontare le sofferenze e le calamità.

 

 

Nell’accostarsi per la prima volta al mondo Greco e Romano dopo la sua origine dell’Ebraismo, il Cristianesimo accomunò in un contesto culturale il battesimo e l’eucarestia, promuovendo iniziative coordinate e vòlte alla fede religiosa cominciando dalla persona di

 

Cristo figlio di Dio, Gesù, che assume carne umana in Maria Vergine e nel rapporto con “il Dio creatore del Mondo, il padre”.

Da ciò, ebbero origine le pretese morali che preservavano vive le consuetudini e l’interpretazione della Bibbia.

Se la filosofia aveva all’inizio una esigua attenzione verso le classi più abbienti, essa era poi diventata “universale” a tutta la società attraverso l’attività di uomini di cultura e dei predicatori cristiani a partire dalla Bibbia nella sua ermeneutica.

Pertanto, il cristianesimo, riuscì a intercettare, raccogliere a rappresentare nella direzione voluta l’insieme di fatti socio-culturali contrassegnati o già in atto.

Il Cristianesimo, nell’offrirsi e facendosi conoscere al mondo Romano come una filosofia, raggiunse lo scopo di integrarsi nella intensa vita intellettuale delle città dell’Impero e superare, nel contempo, le incertezze e il disorientamento delle religioni tradizionali e dello stesso Ebraismo, dato che il Cristianesimo non celebrava ancora cerimonie sacrificali. (solamente due secoli più tardi ci sarà il proposito e l’intenzione della celebrazione della eucarestia intesa come sacrificio).

Il Cristianesimo, fortificandosi nel tempo, riuscì a egemonizzare la filosofia dell’Impero e si dedicò all’essenza della natura divina, quale soggetto trascendentale.

Con i pensatori Cristiani, il discorso su Dio cessa di essere parte importante sulla riflessione della realtà e si colloca così in piena autonomia all’apice delle conoscenze di un complesso organizzato di idee finalizzate ad altre discipline.

Da questo momento, la filosofia intraprenderà un tragitto che la porterà ad essere testimone della teologia e a promuovere nel medio evo l’insieme delle tre arti liberali, e cioè: grammatica, dialettica, retorica nel loro studio e insegnamento.

Nella società Cristiana medioevale, teologia e filosofia riguarderanno una ristretta cerchia elitaria tradendo, quindi, la raccomandazione del Cristianesimo, quale vera filosofia e tramite universale che conducono alla verità su dio e sull’uomo.

 

 

 

 

 

Ascona, ottobre 2018

Giancarlo Fabbri, Membro della Società Teosofica Svizzera

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Giancarlo Fabbri, SAGGEZZA FILOSOFICA E IMPRENDITORIALITÀ

13 martedì Nov 2018

Posted by abcsocial in Articoli della Rivista Teosofica Ticinese, Giancarlo Fabbri

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SAGGEZZA FILOSOFICA E IMPRENDITORIALITÀ

 

 

Negli Stati Uniti e, specificamente, nella Silicon Valley sono sorte nell’ultimo ventennio una miriade di aziende imprenditoriali, le quali avevano capito con avvedutezza l’importanza e la necessità in un apporto dei “cosiddetti filosofi imprenditoriali” alfine di aumentare l’importanza, la conoscenza e le potenzialità di tali aziende.

Orbene, chi sono allora questi filosofi imprenditoriali sempre più richiesti e convocati all’interno di una impresa produttrice di beni o servizi se non degli scrupolosi consiglieri di manager, che partecipano alle riunioni d’importanza vitale e aiutano il gruppo a  lavorare con maggiore efficienza ed appianare difficoltà personali o mutare il primo contatto con i colleghi.

A conti fatti, i colleghi sollecitati portano all’azienda pubblica o privata un nuovo criterio, più sciolto e aperto, più capacità inventiva.

Costoro sono i filosofi che non fanno obiezioni bensì, pongono questi appropriati che aprono la mente a nuovi percorsi vòlti alla riflessione e a un nuovo argomentare, cosicchè un’ostacolo insuperabile può divenire gestibile.

Attualmente, un esempio evidente è stato, per antonomasia, Sergio Marchionne che ha di nuovo sollevato una nota marca automobilistica.

Egli è stato un Manager-filosofo che ha fortemente sostenuto il ritorno di una sua vitale rinascita, dove filosofia e creazione umanistica coesistono in quanto rese libere e di sostegno nei confronti di profili economici, scientifici e di quegli operatori economici a livello internazionale.

Pertanto, filosofia e cultura di studi classici sono di aiuto e vanno oltre il superamento di difficoltà favorendo un miglior guadagno ed evitando possibili crisi.

Alla fine, si è capito che la “mescolanza” tra ambienti e imprenditoriali e umanistici avrebbe fatto nascere e delineare una formula vincente àtta al superamento di una brusca stasi dell’attività economica e a preservare i bilanci di chiusura.

Infatti, i capitani d’industria si domandavano quale fosse il peso che avevano i proprio prodotti in un quadro a grandi linee e s’interrogavano se ce ne fosse stato veramente la necessità.

Se tra gli operatori “si fa largo” l’idea che il guadagno non sia la sola cosa, ecco allora il filosofo-imprenditoriale che li aiuta a guardare al di là.

Poiché la sua professione non è definita, non figurando su un apposito albo, egli viene definito con un significato impercettibile a cavallo tra un supporto specifico nell’acquisizione di un più alto grado di consapevolezza e la stessa psicologia.

Pertanto, il filosofo aiuta ad accrescere il limite del ragionamento, propriamente là, dove sono i dirigenti con poteri decisionali, mentre gli impiegati guardano alla concretezza con programmi più creativi e nel relazionarsi con il lavoro.

 

 

 

 

Una manager, rischiarato dalla luce dell’intelligenza e lungimirante, non può  rinunciare agli insegnamenti classici e indirizzare il gruppo con capacità inventive di fronte a situazioni complesse e immaginare vedute, concrete e realizzabili.

Ora il manager, dal mito della caverna di Platone, può apprendere che la conoscenza aiuta a far comprendere i diversi aspetti di un problema e gestirli senza ritenerli “ingestibili” o “irrisolvibili”, mentre Socrate con la sua “maieutica” sembra bisbigliargli: “pensa con la tua testa” ed estrai il meglio dei tuoi ragionamenti senza sfociare in teorie ed opinioni già in atto.

Detto ciò, in una assemblea sortiranno buone idee di maggior interesse.

…. Ed oltre, ecco Aristotele suggerire (!) un colloquio basato su tre pilastri: l’Ethos, ossia la credibilità e l’emozione che suscitano in chi ascolta, il Pathos, che contempla i contenuti chiari; il Logos, quale attendibilità degli stessi.

C’è poi Cicerone e l’arte oratoria per riordinare in base a una struttura un discorso valido ed efficace su cosa si vuole dire e quali sono gli argomenti da esporre in maniera persuasiva, che si traducono in azioni.

Ed ecco Plutarco, secondo il quale un leader deve essere un buon esempio da imitare per tutti gli altri.

Da ultimo, vorrei citare Epicùro, per il quale il traguardo di ogni cosa è la felicità dell’uomo.

Il filosofo imprenditoriale mira a equilibrare l’intelligenza analitica con quella emotiva per evitare un modo di sentire caratterizzato dall’indifferenza e il disprezzo nei confronti di qualsiasi valore e sentimenti umani.

Quando la facoltà di ragionamento e la capacità inventiva trovano un loro fondamento, è possibile conseguire esiti eccezionali.

Nella trattazione sintetica di contenuto dei termini “filosofia e formazione umanistica” si è creato tra i due poli un stretto rapporto fra cose e persone diverse, che fa della economia l’ambiente ideale nel quale i filosofi sono i messaggeri spirituali dell’anima.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ascona, ottobre 2018

Giancarlo Fabbri, Membro della Società Teosofica Svizzera

 

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MOMENTI DI RELIGIOSITÀ DALL’ INDUISMO AL CRISTIANESIMO, Giancarlo Fabbri

23 venerdì Dic 2016

Posted by abcsocial in Articoli della Rivista Teosofica Ticinese, Giancarlo Fabbri

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MOMENTI DI RELIGIOSITÀ DALL’ INDUISMO AL CRISTIANESIMO
Nella prestigiosa dimensione delle opere in Sanscrito di cui fa parte la letteratura indiana, vi sono dei capolavori ricchi di un profondo e nobile respiro ed una spiritualità preminente. Tra questi viene nominato il volume della “Bhagavad Gita” o poema divino, ritenuto un opera di sommo valore per tutta l’umanità; con esso, prende inizio una recita a battute alterne tra Arjuna e Krishna e fornendo al primo ogni risposta è riguardante argomentazioni fondamentali sopra “ l’essere e la vita”, tra Dio e colui che ispira la sua esistenza alla devozione ma, nel contempo, è il dialogo tra il maestro interiore e la persona umana nella quale “l’essere è in perenne cammino e volto al raggiungimento
del karma, quale retribuzione universale, e del Dharma, come dovere morale e concetto filosofico, per comprendere l’unicità della vita al di là di qualunque ragionamento tra due princìpi del tutto irrinunciabili.
La vita evolve dapprìma in una sua esigua realtà; percepibile e concreta attraverso l’esperienza sensibile per aprirsi a una più ampia condizione di vita evoluta e ancor più veritiera. È la vita che si schiude all’esistenza del mondo animale e vegetale; alle cose inanimate e all’evoluzione dell’uomo stesso nel suo divenire fenomenico, dove l’anima si svela e si rende interprete del suo aspetto immateriale, immortale ed elevandosi a una ispirata coscienza di vita.
Nella evoluzione universale “tempo-spazio”, l’uomo si sente come rapito da un’indulgente e bonaria condizione e rivela ogni sua percezione per le cose di primaria
importanza e notevole rilevanza che accolgono e racchiudono le altre di minore spessore mentre la totalità (o il “tutto”) inglòba una composita differenziazione, nella quale l’unità si identifica quale immedesimazione di Dio.
Questo è l’uomo nel ciclo evolutivo verso la creazione, sia essa divina, umana o cosmica e tale è quello rivelato attraverso la religione, capace di instaurare quella parte divina esistente in lui.
L’uomo si manifesta così “divinamente umano e umanamente divino”, tanto che le religioni rivelate manifestano una realtà e una verità sempre più rilevanti e rispondenti ai bisogni dell’umanità sulla via del ritorno verso la casa del padre.
Induismo, buddismo e cristianesimo sono i 3 commenti rivelatori ed evolutivi della coscienza umana e il poema sacro “Bhagavad Gita” descrive la lotta intrapresa dall’uomo che consapevole della sua dualità divina-umana, deve combattere per vincere l’espiazione di quel orgoglio che ha travolto il mondo con il primo peccato e la sprezzante superbia di un “Io” tanto possente da non accettare nessun compromesso nel mondo.
Diversi secoli dopo, il Buddha ha conferito all’uomo un metro di valutazione e di giudizio nel superare i conflitti, affermando delle inconfutabili verità sul dolore e le umane sofferenze che si riassumono in tal guisa: L’esistenza nel mondo fenomenico del dolore e della sofferenza.
La causa della sofferenza e il desiderio di esistere nel mondo fenomenico.
La cessazione della sofferenza raggiunta estirpando il desiderio di esistere nel mondo fenomenico.
La liberazione dalla sofferenza, quale distacco raggiungibile percorrendo il supremo sentiero.
L’avvento del cristianesimo, alcuni secoli più tardi, ha indicato all’umanità il sentiero dell’amore e di quel cammino regale che segnano il compendio e l’apice delle sue precedenti rivelazioni e consentendo all’uomo di vivere la più alta espressione divina sulla terra e attestarne la nostra condizione divina.
La coscienza dell’uomo si è espansa dal regno umano al regno dello spirito attraverso le illuminazioni di Krishna, del Buddha e di Cristo, caritatevoli e misericordiosi, e rappresentanti l’evoluzione individuale dell’uomo da uno stato di emotività e senza
l’aiuto della mente e dello spirito, ad una condizione mentale progredita in una maggiore capacità coscienziale e consentendo al discepolo una vita spirituale:” quella infinita dell’amore divino”.
Ascona ottobre 2016
Giancarlo Fabbri, Membro della Società Teosofica Svizzera

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Nella Rubrica i testi di Giancarlo …

25 martedì Ott 2016

Posted by abcsocial in Articoli della Rivista Teosofica Ticinese, Giancarlo Fabbri

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MOMENTI DI RELIGIOSITÀ DALL’ INDUISMO AL CRISTIANESIMO
Nella prestigiosa dimensione delle opere in Sanscrito di cui fa parte la letteratura indiana, vi sono dei capolavori ricchi di un profondo e nobile respiro ed una spiritualità preminente. Tra questi viene nominato il volume della “Bhagavad Gita” o poema divino, ritenuto un opera di sommo valore per tutta l’umanità; con esso, prende inizio una recita a battute alterne tra Arjuna e Krishna e fornendo al primo ogni risposta è riguardante argomentazioni fondamentali sopra “ l’essere e la vita”, tra Dio e colui che ispira la sua esistenza alla devozione ma, nel contempo, è il dialogo tra il maestro interiore e la persona umana nella quale “l’essere è in perenne cammino e volto al raggiungimento
del karma, quale retribuzione universale, e del Dharma, come dovere morale e concetto filosofico, per comprendere l’unicità della vita al di là di qualunque ragionamento tra due princìpi del tutto irrinunciabili.
La vita evolve dapprìma in una sua esigua realtà; percepibile e concreta attraverso l’esperienza sensibile per aprirsi a una più ampia condizione di vita evoluta e ancor più veritiera. È la vita che si schiude all’esistenza del mondo animale e vegetale; alle cose inanimate e all’evoluzione dell’uomo stesso nel suo divenire fenomenico, dove l’anima si svela e si rende interprete del suo aspetto immateriale, immortale ed elevandosi a una ispirata coscienza di vita.
Nella evoluzione universale “tempo-spazio”, l’uomo si sente come rapito da un’indulgente e bonaria condizione e rivela ogni sua percezione per le cose di primaria
importanza e notevole rilevanza che accolgono e racchiudono le altre di minore spessore mentre la totalità (o il “tutto”) inglòba una composita differenziazione, nella quale l’unità si identifica quale immedesimazione di Dio.
Questo è l’uomo nel ciclo evolutivo verso la creazione, sia essa divina, umana o cosmica e tale è quello rivelato attraverso la religione, capace di instaurare quella parte divina esistente in lui.
L’uomo si manifesta così “divinamente umano e umanamente divino”, tanto che le religioni rivelate manifestano una realtà e una verità sempre più rilevanti e rispondenti ai bisogni dell’umanità sulla via del ritorno verso la casa del padre.
Induismo, buddismo e cristianesimo sono i 3 commenti rivelatori ed evolutivi della coscienza umana e il poema sacro “Bhagavad Gita” descrive la lotta intrapresa dall’uomo che consapevole della sua dualità divina-umana, deve combattere per vincere l’espiazione di quel orgoglio che ha travolto il mondo con il primo peccato e la sprezzante superbia di un “Io” tanto possente da non accettare nessun compromesso nel mondo.
Diversi secoli dopo, il Buddha ha conferito all’uomo un metro di valutazione e di giudizio nel superare i conflitti, affermando delle inconfutabili verità sul dolore e le umane sofferenze che si riassumono in tal guisa: L’esistenza nel mondo fenomenico del dolore e della sofferenza.
La causa della sofferenza e il desiderio di esistere nel mondo fenomenico.
La cessazione della sofferenza raggiunta estirpando il desiderio di esistere nel mondo fenomenico.
La liberazione dalla sofferenza, quale distacco raggiungibile percorrendo il supremo sentiero.
L’avvento del cristianesimo, alcuni secoli più tardi, ha indicato all’umanità il sentiero dell’amore e di quel cammino regale che segnano il compendio e l’apice delle sue precedenti rivelazioni e consentendo all’uomo di vivere la più alta espressione divina sulla terra e attestarne la nostra condizione divina.
La coscienza dell’uomo si è espansa dal regno umano al regno dello spirito attraverso le illuminazioni di Krishna, del Buddha e di Cristo, caritatevoli e misericordiosi, e rappresentanti l’evoluzione individuale dell’uomo da uno stato di emotività e senza
l’aiuto della mente e dello spirito, ad una condizione mentale progredita in una maggiore capacità coscienziale e consentendo al discepolo una vita spirituale:” quella infinita dell’amore divino”.
Ascona ottobre 2016
Giancarlo Fabbri, Membro della Società Teosofica Svizzera

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L’illusione dell’anima gemella e il deferente fervore dell’amore. Giancarlo Fabbri

04 martedì Ott 2016

Posted by abcsocial in Articoli della Rivista Teosofica Ticinese, Giancarlo Fabbri

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L’illusione dell’anima gemella e il deferente fervore dell’amore
Di solito e in maniera errata si parla dell’inizio appassionante e della fine disastrosa dell’amore mentre non si affronta, se non in modo sfuggevole o del tutto ignorato, un chiarimento o una condotta sommaria di tutto ciò che sta nel mezzo: quello di un non intenso piacere né di una dolorosa cruenta vicenda. È un racconto che si contrappone a un romanticismo che si mette contro una idea esistenziale se non nella fantasia e rivolta a un totale compimento o realizzazione. La vita è contro il candore
dell’animo e della sincerità, della schiettezza e spontaneità sull’amore.
Essa è un lungo viaggio per imparare ad amare, alla fine del quale, due persone che s’innamorano, si sposano, e col tempo, imparano ad amarsi, scoprendo che l’amore è una inclinazione convincente e una vocativa predisposizione. E poiché tutti noi abbiamo trascorso delle infanzie più o meno problematiche, dobbiamo comprendere se siamo persone con cui poter convivere. Cosicché maggiore sarà la comprensione e più facile sarà lo sforzo di trasmetterla alla persona amata.
Perciò, non è necessario che chi amiamo sia una persona ineccepibile bensì, una persona che ci dica quali sono le sue difficoltà per lui o lei, anche perché,
questo è un percorso per comprendere se stesso.
Come ho accennato in apertura sulla contrapposizione tra vita e romanticismo, l’idea fondamentale di quest’ultimo consiste in una comprensione d’intendimenti con la persona amata: quella di essere di idee, gusti e tendenze analoge senza alcun diretto intervento della coscienza o della volontà.
Basta che la persona amata capisca a sufficienza e non altro: però tale opinione accettata può sfociare e portare a una situazione problematica e comunque l’istinto non giova a un amore felice.
Pertanto sarebbe auspicabile sostituire il matrimonio con una “situazione psicologica”, cercando di capire l’altro,
fare meno errori, sviluppare una capacità di amare.
All’inizio esiste nell’amore una certa agitazione che si affievolisce nei momenti sprezzanti della quotidianità e allora è il momento di sostenerli poiché ne valgono la pena, affinché continuino a essere attrattivi e interessanti.
Alle volte si è pronti al matrimonio solo dopo diversi anni dello stesso perché i coniugi sono diventati entrambi consapevoli di una “fiera e quanto nobile malinconia”, di sentirsi imperfetti e con il bisogno di esprimere una spontanea allegria, d’imparare l’un l’altro e insegnare l’un l’altro e di esprimere una elevatezza di nobili sentimenti.
Il romanticismo avversa le lezioni d’amore e allora la sola ancora di salvezza dell’amore è l’abbandono di tali percezioni della realtà.
Non esiste l’anima gemella che ci capisca in tutto e sia sempre con noi e che esulta allor’quando fa sesso dopo svariati decenni, ma esiste la persona abbastanza su misura per l’altro:” quella abbastanza giusta”. E poiché la perfezione in amore non esiste, l’uomo dovrà dedicarsi alle sue imperfezioni; non esiste una delusione se ognuno capisce l’altro; ad ogni modo, va bene ugualmente e non c’è nessun tracollo.
Questo testo non è contro il matrimonio bensì, cerca solo di trovare delle soluzioni, affinché esso continui a perdurare per il rispetto di una relazione e dei suoi
protagonisti, nel bene e nel male. Per recepire aiuto morale e tanta comprensione.
Credo che due persone, quando imparano ad amare e al di là della felicità; trovano quelle parole a loro predilette:
“Comprensione, partecipazione, consolazione” che possono essere comprese, non soltanto rimosse.
Ascona settembre 2016
Giancarlo Fabbri, membro della Società Teosofica Svizzera

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Cultura e specializzazione, Giancarlo Fabbri

18 mercoledì Mag 2016

Posted by abcsocial in Articoli della Rivista Teosofica Ticinese, Giancarlo Fabbri

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Cultura e specializzazione
In un recente passato, era possibile conoscere delle persone di alto profilo e di grande notorietà, definite archètipi di onestà e integrità, capàci di essere maestri di se stessi e di provvedere alla formazione intellettuale e a un comportamento del vivere civile dei propri figli, affinché essi potessero vantare una condotta virtuosa da offrire in eredità ai futuri discendenti, i quali si sarebbero poi resi interpreti, trasferendo all’interno delle loro coscienze, i progetti di genitori e nonni.
Prendeva così forma un’aspettativa di caratteri forti e indipendenti e preparati ad affrontare problemi importanti con avvedutèzza ed equità e con quelle capacità morali di comprendere le persone nelle loro incombenze, tra le quali, ad esempio, l’apprestamento dei campi da parte del contadino; l’importanza della creatività dell’artigiano; la cura delle governante nell’interpretare le aspettative del proprietario di casa.
Senonché, con l’avvento della specializzazione nel lavoro, sono venute meno quelle capacità del fare che avevano esaltato e contraddistinto le innate attività dell’uomo, poiché tale specializzazione le ha molto ridotte nel suo contesto, rendendole monotone e ripetitive a tal punto che l’uomo non percepisce più un suo personale compiacimento bensì, il sentimento di un coinvolgènte smarrimento per la mancanza di un obiettivo mirato di archètipi incoerènti, che hanno generato una personalità ferita e in crisi, tanto da non sapere ormai discernere tra ciò che è buono, giusto e onesto da ciò che è inutile inopportuno e svantaggioso.
Per poter ricomporre questa armonia sociale e morale, sarebbe bene volgere lo sguardo, non solamente ad una presenza culturale, ma alla cultura classica, sostenuta da generazioni di intellettuali e votàta allo studio del sapere e della conoscenza, dell’essenza spirituale e dell’esegesi dell’animo per arrivare a comprendere l’apprezzamento o l’approvazione delle persone e a intendere chiaramente ciò che ha valore da ciò che non ha valore; ad intuire il sorgere di cose sagge oppure insensate, perché la cultura classica è la fonte celàta di una società umana e l’unica via intellettuale concessaci.
Essa dovrà, pertanto, farsi più interprete e partecipe se intende contrapporsi all’invadente specializzazione per salvare l’ambiente naturale e, con esso, il problema dell’esistenza, quali eredità di una mancata e inconsùlta lungimiranza; altrimenti diverremo sempre più super-specializzati e sempre più lontani, separati e privati di una palpitante cultura.
Ascona, maggio 2016
Giancarlo Fabbri, membro della società teosofica Svizzera

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Giancarlo Fabbri, L’inutile banalità di Halloween

10 martedì Nov 2015

Posted by abcsocial in Giancarlo Fabbri

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L’inutile banalità di Halloween

 

È arrivata Halloween, la notte degli scherzi e del divertimento, dei cortei di bambini che vanno di casa in casa con zucche svuotate e illuminate all’interno chiedendo, come regalo, dolci con la formula “trick or treat” (dolcetto o scherzetto). Fin qui nulla da eccepìre se non fosse per l’aspetto volutamente màcabro con il quale non appare una limpida impronta folkloristica bensì; quella di un oscuro tormento e di una dannazione, popolati di streghe e vampiri, di zombi e mostri vari e con una sola chiara presenza: quella del teschio, inteso non come segno di resurrezione della croce sul gòlgota, la cui parola significa “teschio”.

Si tratta di un avvenimento che non porta nessun rispetto per la morte; è snaturato e dissacrante a cui si contrappone il dono dello spirito santo quale carisma di fede nella celebrazione dei defunti, perché la morte è l’essenza più sacra dell’esistenza del nostro essere che merita rispetto e un riverente atto spirituale da parte dei vivi.

Nella nostra tradizione e con il rischio di passare per dei genitori “retogradi”, possiamo affermare quanto ci sono cari i nostri morti piuttosto che gli zombi; e come sia ormai giunto il momento di spiegare alle famiglie le nostre tradizioni le quali, nonostante il discrèdito, restano le più umane e reali di quelle create e esportate da quei demolitori statunitensi in tutta consapevolezza intellettuale e morale delle proprie idee. Pertanto, la famiglia rimane l’unico mezzo per contrastarle, in quanto gli educatori scolastici sono ormai assuefatti a internet e come rapiti dal web per l’arrogante presenza di virus.

Halloween dà inizio alla notte dei morti viventi (!) e alla sfilata di zucche intarsiate “a mò di teschi” e con finzioni di cadaveri in una arguta atmosfera briosa nel prendersi gioco dei morti senza rendersi conto di una offesa all’idea cristiana della resurrezione, dove la morte non è l’orrore e la tristezza non è la disperazione bensì; l’attesa.

Halloween è una disdicevole e sgradevole festa màcabra che si sforza con la persuasione di entrare nelle nostre vite attraverso la banalità del male; se non dello stesso dèmone.

In tale contestualità esistenziale della verità; voglio essere più razionale di chi la nega, anche perché non intendo essere meno “vanitoso” di lui.

Quando papa Francesco additò nel demonio il nemico assoluto che ci insidia ogni giorno, nessuno sollevò critica alcuna perché è considerato un “progressista”, ma se si fosse trattato di un”laico”, la chiesa sarebbe potuta sprofondare nel buio del medioevo.

Halloween è un festante tragicomico evento dove si agitano le ancestrali paure dell’uomo il quale, catturato dall’ignoto e sgomento verso l’immensa oscurità delle tenebre, cerca di esorcizzarle e offrire un inconsapevole senso all’esistenza, poichè oltre l’infinito orizzonte, sorge la luce solenne che illumina le anime in marcia verso l’evoluzione nella gloria di Dio.

 

Ascona, Novembre 2015

Giancarlo Fabbri,

“Membro della Società Teosofica Svizzera”

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……..Di “altruismo ed egoismo”

16 mercoledì Set 2015

Posted by abcsocial in Articoli della Rivista Teosofica Ticinese, Giancarlo Fabbri

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altruismo
altruismo (3)
altruismo (2)

……..Di “altruismo ed egoismo”

Il mondo in cui viviamo, sempre più “catturato” da un potere di fenomeni economici, culturali e di costume, assume una dimensione che supera i confini tradizionali e regionali (la globalizzazione) e ci fa riflettere sulla moderna teologia di cui l’uomo tende a rivendicarne una sua autonomia di fede nel rapporto con la parola di Dio, la quale ne sminuirà l’ascendente autorevolezza della religione sulla società civile.
In una visione di vita proiettata nel suo intreccio verso una sua nuova forma e in prospettiva di un mutamento di ciò che è stata la consueta personale relazione (la secolarizzazione), vengono meno quei valori morali che hanno nobilitato la nostra esistenza, portando aiuto all’umanità anziché al nostro tornaconto, per la presenza di un profondo sentimento di altruismo verso un mondo più solidale in cui “la persona assume la prospettiva dell’altro” con la premura e uno stato d’animo misericordioso alfine di alleviarne i disagi ed inquietudini.
Il comprèndere lo stato d’animo dell’altro è un atto concreto dell’uomo che ci rende così promotòri di un comportamento fraterno tra persone tanto che, questa vocazione di altruismo ha consentito lo sviluppo di una civilizzazione contrappòsta a un egoistico aspetto di vita, anche se al momento è un po’ sopito se non del tutto rimosso poiché non basta l’intuizione della mente e vita dell’altro, privilegiando un confronto alla collaborazione, in quanto la capacità di comprensione dell’altro è in funzione della sua finalità.
Lo psicologo Baron-Cohen afferma che la crudeltà non sia parte integrante del “gene umano” bensì; dovuta a una totale mancanza di “empatia” incapace di interagire con gli altri e comprenderne i sentimenti, mentre il collega Martin Hoffman sostiene che l’empatia sia legata allo sviluppo morale nell’uomo.
Pertanto, diventa importante fin dalla prima infanzia che la famiglia insegna ai figli un comportamento di regole e princìpi che impedisca loro motivazioni egoistiche che ignorano i bisogni e diritti altrui e, con essi, l’ètica di una condotta sociale.
L’altruismo è un sentimento di umanità che “relaziona” persone, famiglie e nazioni e non concede spazio a un eccessivo amore di sé stesso a difesa di quel “io” possente da salvaguardare oltre misura; non consente all’incetta di beni e risorse del pianeta e alla folle rincorsa per il denaro, perché l’altruismo è pace nei nostri cuori, illumina i nostri pensieri e rapisce le nostre anime; agita le nostre coscienze e ci fa riflettere sul senso di una vita degna, dove l’immortale spirito dell’uomo trova la gioia di magnificare il creato del Signore per noi uomini misericordiosi e grati del suo infinito amore.

Fabbri Giancarlo, il mese di settembre 2015
Membro della società Teosofica Svizzera

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Johannes Sebastian Bach, testo di Giancarlo Fabbri

07 venerdì Ago 2015

Posted by abcsocial in Giancarlo Fabbri

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Johannes Sebastian Bach
Celebrare Johannes Sebastian Bach (1’675-1’850) significa riconoscere l’eccèlso interprete e il sommo compositore di musica non solamente sacra degli ultimi 300 anni perché J. S. Bach è un musicista che trascende il tempo e l’origine, andava bene all’epoca in cui visse, va bene oggi e sarà così nel tempo a venire e noi, uomini della nostra modernità in cammino verso il progresso socio-economico e lo sviluppo tecnologico e scientifico, non abbiamo ancora recepìto e accòlto il suo messaggio di salvezza del mondo perché la musica è capace di penetrare le coscienze e consegnare all’uomo la certezza di comprendere ciò che è giusto e sbagliato, dove il termine “giusto” è sinonimo di “emozione”.
Papa Benedetto sedicesimo afferma: “L’origine della musica è l’essere toccati da Dio” e la musica di Bach è il dono di Dio fatto a tutti gli uomini nei quali si rispecchiano i valori di un vicendevole rispetto e l’accettazione di una fraterna condivisione.
La musica è il dono misericordioso rivolto agli uomini, affinché essi non restino indifferenti o del tutto assenti, verso altri uomini bensì, siano compartècipi delle loro vite, vissute spesso nell’indigenza, nel sopruso, nella violenza.
La musica è il dono di una divina visione che scuòte le coscienze e illumina le menti vòlte alla giustizia e la pace tra gli uomini.
L’uomo arriva pertanto a capire e riconoscere il suo messaggio perché Bach è la testimonianza più certa dell’esistenza di qualcosa di superiore all’uomo, alla quale l’uomo stesso può accedervi e acquisire per sé la divina consapevolezza e la percezione di quegli ideali a cui l’uomo aspira nella vita e che si riconoscono in quei valori latenti subito pronti al risveglio dello spirito.
Ma l’uomo, come avvolto in un ostentàto protagonismo e disadàtto ad affrontare le situazioni irrisolte e i bisogni disattèsi della società civile, pare avviarsi verso un decadimènto di quei valori morali condivìsi che erano il fondamento del nostro vivere civile, intellettuale e culturale perché, se in una situazione d’incertezza e di difficoltà vengono a mancare uomini capàci di salvaguardare le istituzioni e l’ordine pubblico; se non ci sono uomini preposti al benessere della collettività attraverso una sperequazione delle risorse della terra; se vengono meno uomini di “buona volontà” che sanno intercettare e interpretare lo spirito della gente e trasmettere la fiducia di un mondo diverso e migliore, la nostra civiltà europea – occidentale s’incammina verso un mesto tramonto a cui solo la trascendentale apparizione salvifica di Bach può porvi rimedio, elevarla e ammaestrarla, costruendole intorno un atto di civiltà quale gesto di una forza morale e ammonendoci, nel contempo, su quanto dramma artistico, quanta umanità e fantastica creazione occorra per giungere a un sentimento poetico di fede e cercare di offrire con la musica un saggio alle coscienze in una religione in grado di esaltare la società civile attraverso il sostegno morale, che consenta all’uomo di ritrovare una sua dignità e ragione d’èssere.
Se contempliamo Bach con ammirazione e raccoglimento, troviamo in lui il “Platone e l’Aristotele” della musica, perché Bach è il mitico titano e il possente gigante che ha forgiato la bellezza del mondo, che salverà il mondo che è di tutti, nessuno escluso.
In una rinnovata fiducia d’intenti l’uomo resosi alfine libero delle imperfezioni e degli errori commessi, rinasce a una vita meritevole di venire vissuta tra il malcelato compiacimento di Johannes Sebastian Bach e l’infinita amorevole misericordia di Dio per noi, uomini di ogni tempo.

Fabbri Giancarlo, il mese di Agosto 2015
Membro della società Teosofica Svizzera

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