Dal Marxismo all’islamismo jihadista

(un carosello di nemici dell’occidente)

Mai prima d’ora l’Europa si era dovuta confrontare con problemi culturali e politici, iniziati con la rivoluzione francese e continuati per tutto il ventesimo secolo con una serrata opposizione intellettuale nei confronti di regimi, a causa di pregiudizievoli motivazioni ideologiche e religiose attraverso aspri dibattiti e accese polemiche rivoluzionarie.

Erano problemi che avevano fatto sorgere rapporti di dissenso come il diritto alla libertà e di appartenenza, al libero mercato e alla proprietà privata quali mète irrinunciabili della libertà tra evoluzione scientifica e onnipresenti filosofie, retàggi di secolari orientamenti e influenze.

Nel frattempo, verso la metà dell’ottocento, era nato un nuovo assetto politico, fautore di un ordine basato sulle autonomie e le libertà individuali contrarie ad ogni forma di un potere costituito che aveva visto l’affermarsi un potere assoluto con la perdita di valori morali a favore dell’individuo.

Questo processo secolare aveva sollevato una reazione verso ciò che era ritenuto estraneo, poiché, allo stesso tempo, erano sorti altri movimenti culturali, quali il comunismo, il fascismo, il nazismo e, come non bastasse, l’odierno islamismo-jihadaista e altre diverse forme di estremo radicalismo senza compromessi e vòlti a eliminare “quel laicismo di un non senso” sorto in un medesimo contesto.

Di conseguenza, tutte le forze intente a contrastare tale modernità per distruggere la sua laicità, avevano creato un grande schieramento religioso, i cui protagonisti non erano la massa bensì, delle minoranze intellettuali di esigui gruppi politici con profonde controversie tra loro che non avrebbero mai potuto incidere, né sul piano storico, né di fronte ad argomentazioni esistenziali, poiché esse perseguivano delle finalità irragionevoli e incociliabili in una ricerca invasàta della verità.

Queste forti schiere di uomini si prefiggevano delle istanze politiche, ideologiche e religiose riguardànti i valori di una società industriale, perché convinti e certi che tale modernità li avrebbero privati “di una vita autentica” e di un benessere personale.

Erano dei giudizi dei negativi e appartenenti a un esercito di gente etereogèna e piuttosto pessimista verso una fine del mondo laico e religioso e sembravano essere condizionati e pervàsi da un complesso di dottrine filosofiche religiose che avrebbero potuto contaminare le menti del pensiero ellenistico con i principi del cristianesimo tendente a un marcato dualismo tra Dio e il mondo e sostenendo, in pari tempo, la coesistenza e i conflitto tra i principi del bene e del male e, perciò, di una loro incompatibilità.

Tutto questo era dovuto alla presenza di una mentalità gnostica-manichea con cui essi portavano odio verso tutti e trovando una giustificazione in quella estrema referenzialità con il ricorso alla violenza, perché non sarebbe stato loro possibile fronteggiare il capitalismo in una pacifica e libera competizione, in quanto il nostro mondo stava vivendo uno stato dove aleggiavano lo spirito greco e quello giudiaco, l’ illuminismo e il messianesimo, la filosofia e teologia, tra le città di Atene e Gerusalemme.

Come la società liberale aveva vissuto un suo momento provvidenziale e miracoloso, adesso il nostro mondo occidentale sta vivendo una società aperta ma che potrebbe ricadere in una società senza via d’uscita.

Per i nemici della modernità che si auguravano un concreto e salvifico avverarsi di tutto ciò, esso non era altro che un sogno irrealizzabile e, con esso, la fine di ogni sua narrazione nell’avvicendarsi nel tempo.

Ascona, giugno 2016

 

Giancarlo Fabbri, Membro della Società Teosofica Svizzera