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SIC TRANSIT GLORIA MUNDI ….
Fintantoché la gloria si librava lassù nell’alto dei cieli in modo astratto e dolcemente tranquilla, essa volgeva uno sguardo disattento alle vicende umane, in apparenza scevre da preoccupazioni, turbamenti, passioni e dove tutto pareva scorrere senza improvvisi contesti istituzionali di grande rilevanza.
La sua discesa sul mondo venne accolta come “grazia dei” mentre con la sua partecipazione alle memorabili gesta dell’uomo, emersero personaggi di alto profilo e avvolte di una sacrale aureola di eterno fulgore.
Era la gloria celeste che ammantava gli uomini e consentiva loro di vivere e di morire nella percezione e nella perfezione della grandezza divina che non erano soggette alla contingenza storica bensì; evidenziavano l’immobilità e l’eternità del mondo, prima di ritornare in cielo con quel “tocco” di garbata leggerezza.
È la gloria “metastorica” che dopo l’incèdere solenne e grave degli avvicendamenti umani, si fà storia dei poteri imperiali attraverso l’esaltazione di grandi condottieri. E poi, ecco che appare la gloria volta a celebrare le straordinarie e grandiose leggende di eroici protagonisti che con le loro irrepetibili gesta sono entrati nella storia e divenuti leggenda. È la gloria propositiva che guarda il mondo influenzandolo nel suo specifico assetto e lo esalta per tutto ciò che “esprime bellezza”, cercando di comprenderne le sue veridicità e le perplessità nei mutamenti e offrendosi alle opere d’arte, di scienza, di ingegno.
Ma se la gloria esce fuori da quel attimo fuggente del tempo universale, essa vive una celebrità dimessa e concessole dal tempo stesso; oppure una notorietà che può scadere nella futilità o vacuità di un esito effimero.
Resta ancora insoluto il rapporto fra la gloria e l’argomentare filosofico; (e Platone sosteneva come il filosofo non dovesse aspirare alla gloria). Senonché, non è facile raccontare le vanità e le leziosità dei filosofi che tendono a suscitare l’ammirazione altrui per potersi lodare, a loro volta.
I sentieri alla ricerca della gloria sono duplici: l’uno che privilegia la gloria nella storia e l’altro che reputa sia necessario uscirne. Nel primo caso, molto hegeliano, la gloria si identifica col divino che incrocia il divenire della storia; mentre nell’altro contempla una ascensione spirituale con il digiuno, la meditazione e la tradizione orale per arrivare alla verità che coincide con la rivelazione illusoria della storia, del tempo, del mondo.
La ricerca della gloria ha creato nei filosofi un senso di paura e sgomento nel timore di vedersi scomparire. Infatti le gesta eroiche, siano esse storiche, artistiche, scientifiche o filosofiche, diventano come la dichiarazione bellica di un loro eventuale annientamento e l’atteggiamento di una loro probabile estinzione.
Il filosofo trascorre l’esistenza nel silenzio tra la gloria e la vita pubblica; ma se prende parte all’attività mondana e incontra la massa, egli diventa un vanaglorioso con una fama che cela l’invidia di un potente “ego” e che non sfugge alle ambizioni umane.
C’è come una duplice attenuante nell’affrontare argomenti universali destinati alla storia. Da una parte egli si ritiene un predestinato alla gloria, la cui grandezza gli appartiene; dall’altro verso è come se la gloria lo avesse scelto con il compito di dovere educare l’umanità sulla complessità di temi ricorrenti che la caratterizzano.
La filosofia non è una pratica esotèrica riservata a teorici e praticanti. Essa si eleva da un basilare concetto universale per l’intera umanità, dalla nascita alla morte e oltre.
La filosofia acquisisce così una sua intima e segreta grandezza e diventa più perspicace, raffinata e riservata a pochi.
La vera gloria è quella che sopravvive alla nostra condizione umana e pure il filosofo vuole farne parte non solamente col pensiero, ma anche con la sua presenza.
Egli va giudicato per la sua azione morale e non per le sue personali vicende; egli va valutato per le sue riflessioni e considerazioni e non per i suoi impulsi, consapevoli o nascosti.
Nel suo perenne cammino sulle esaltazioni irrazionali, sulle sconsideratezze e le temerarietà, sulle illogicità e stravaganze unite a progetti e aspirazioni utopistiche, la gloria si manifesta come la fede nuziale che unisce il tempo all’eternità; la vita all’immortalità.
Ascona, settembre 2014
Fabbri Giancarlo
“Membro della Società Teosofica Svizzera”