Scienza e spiritualità: dalla molteplicità delle forme all’unità della vita
Pier Giorgio Parola
Seminario Teosofico di Ascona 20-22 marzo 2015
M.me Blavatsky, anche se probabilmente aveva delle conoscenze, seppur non supportate dalla tecnologia, che erano molto al di là di quelle della scienza del suo tempo, è sempre stata particolarmente attenta, incuriosita dal come le scoperte scientifiche potessero supportare gli insegnamenti teosofici, anche se era molto selettiva e pronta a criticare (vedi The Secret Doctrine Commentaries, 127). I sottotitoli di Iside Svelata e La Dottrina Segreta sono rispettivamente “Una chiave d’accesso ai misteri della scienza antica e moderna e della teologia” e “La sintesi di scienza, religione e filosofia”. Penso che HPB sapesse che un “insegnamento” deve essere in linea con la cultura del momento in cui viene impartito.
In una sua lettera (a Sinnett 45 – ML 44) il mahatma Morya scrive che, nel 1875, la decisione di patrocinare la fondazione della Società Teosofica fu presa da uno o due dei Maestri, malgrado che altri, che dice si capì in seguito essere stati i più saggi, non fossero d’accordo. L’esperimento era principalmente dovuto al bisogno di aiutare gli uomini della quarta catena a realizzare il loro compito: il magistero, il dominio della materia nel suo stato più denso. La dottrina teosofica ci dice che ora siamo giunti alla fine di una fase involutiva che, dopo una interminabile successione di cicli di minimizzazione, ha portato l’umanità in un mondo (globo D) in cui la materia è tale da consentirci una consapevole localizzazione (sthūla sharīra) in uno spazio tridimensionale. “La vostra razza, la quinta, avrà raggiunto il proprio punto massimo di intelligenza fisica e avrà sviluppato la più alta civilizzazione (ricordate la differenza che noi facciamo tra civilizzazione materiale e spirituale) e non sarà in grado di evolvere ulteriormente lungo il proprio ciclo, il suo progredire verso il male assoluto verrà fermato… da un cambiamento catastrofico; la sua grande civiltà sarà distrutta e tutte le sottorazze di tale razza, dopo un breve periodo di gloria e di sapienza, percorreranno la fase discendente dei loro cicli” (Lettera a Sinnet 93b – ML 23b).
La “seconda affermazione della dottrina segreta esprime l’assoluta generalità della legge di ciclicità, di afflusso e deflusso, la stessa legge che la fisica ha osservato e registrato in tutti i campi della natura. L’alternarsi del giorno e della notte, della vita e della morte, del sonno e della veglia, è un fatto così comune, assolutamente universale e senza eccezioni, che è facile capire come vi possiamo ravvisare una delle leggi fondamentali dell’universo” (DS, 1, 17) e nella sua esposizione canonica originaria, si tratta di una dottrina (sostenuta da Platone e intuita da Goethe) che è precipuo patrimonio della lezione di M.me Blavatsky e dei suoi Maestri (vedi la lettera 18 – ML 9) ed è quello che, nel rispetto della tradizione, differenzia la teosofia moderna dagli insegnamenti exoterici precedentemente divulgati sia in oriente che in occidente. Nel momento di inversione della tendenza involutiva c’è il punto di maggiore attrito, quello in cui la mente dell’uomo può cogliere il frutto del manvantara: “…..in questo nostro universo… la divinità guida le sue rivoluzioni circolari, ma talvolta, una volta che le rivoluzioni hanno raggiunto una durata la cui misura compete a questo universo, le abbandona a sè stesse; esso si avvia nuovamente a girare nel senso opposto, di suo proprio moto….” (Platone, Politico).
Delle intelligenze sorvegliano e dirigono il cosmo, secondo il progetto della mente universale e la teoria dei cicli, che costituisce la seconda delle tre proposizioni del proemio del La Dottrina Segreta, comporta che il processo involutivo, durato miliardi di anni, che ha portato l’umanità fino alla metà del ciclo, nel punto più lontano, inverta a questo punto la propria direzione per riportarla all’origine. Questo è il compito che è la mèta di una delle tre correnti dell’evoluzione (fisica, psichica e monadica) ed è il coronamento del manvantara.
L’obiettivo si raggiunge in Terra ed ora, sul quarto globo, durante la quarta ronda e nella quinta razza, gli scienziati, che sono gli addetti alla bisogna, hanno la stessa dignità ed importanza dei filosofi e dei mistici. Due passaggi delle lettere di K.H. ci introducono al tema del nostro incontro: nel giugno del 1882 (L 65 – ML 11) il Maestro dice, ad A. O. Hume, che “la scienza moderna è il nostro migliore alleato, ma generalmente si tramuta in un’arma usata per colpirci”, ed un mese più tardi (L 66 – ML 14) spiega, con uno schema, che nella nostra quarta ronda “nella fase discendente l’intelletto sopraffà la spiritualità e nella fase ascendente la spiritualità supera l’intelletto”.
Per quanto riguarda la seconda affermazione occorre tenere presente che secondo l’insegnamento esoterico le due fasi non hanno una connotazione etica (l’epoca del male e quella del bene), non sono due fenomeni separati, ma sono due aspetti inseparabili dello stesso ciclo, l’uno la preparazione dell’altro. Se, come pare, il movimento teosofico è legato al tantrismo buddhista non si può non porre l’accento sul fatto che è in questo nostro mondo che dobbiamo realizzarci. L’importante è conoscerci, cercare di vederci nel nostro contesto spazio temporale, ricordando che ogni manifestazione, fisiologica, astronomica, economica, sociale, politica, ecc., è ciclica, che i momenti di involuzione e di evoluzione delle varie individualità, collettive e personali, si intrecciano e accavallano, e fare del nostro meglio.
Evitando però che una giusta reazione al materialismo, che ormai è diventato consumismo, idolatria di quel consumo che dovrebbe essere una ineluttabile necessità, diventi un altrettanto squilibrato desiderio di spiritualità, dimentico della ciclicità, della necessità di mediare filosoficamente tra la razionalità, basata sull’evidenza, della scienza e quel desiderio che nel mondo della forma (rupa) è sempre pericoloso. Lo studio dei “cicli” ha un enorme impatto sulla nostra valutazione del progresso etico e morale in quanto ne risulta uno sviluppo non lineare, uno sviluppo che consiste in un interminabile alternarsi di momenti di involuzione ed evoluzione che sono a loro volta assoggettati a innumerevoli variazioni interne. Quello che va bene oggi potrebbe non essere appropriato nel futuro e si potrebbe fare del male pur pensando di essere nel giusto, e non è detto che quello che va bene per uno vada bene per un altro. Non si dovrebbe dare troppa importanza al desiderio di un proprio progresso personale (la teosofia della remunerazione) perdendo di vista la stella polare costituita dalle tre proposizioni del proemio della D.S.: l’eternità di un Universo che periodicamente si manifesta in infiniti universi, che si manifestano e scompaiono secondo una universale legge di periodicità.
Ma cos’è quella scienza che il Maestro considera “il nostro migliore alleato”? E perchè può diventare un’arma per colpirci?
“A parte” il fatto che, contrariamente alla tradizione teosofica che afferma che nell’universo ogni cosa è viva, per la scienza la vita è stata originata, tramite delle reazioni che ormai non sono più in atto, da una materia non vivente, dopo Copernico e Galileo gli scienziati hanno operato convinti che la “realtà” fosse oggettivabile, che la si potesse quantificare e misurare, e in pochi secoli, ritenendosi al di sopra di ogni obbligazione etica, hanno contribuito a creare un mondo dominato da una tecnologia schiava dei finanziamenti (che “conoscono” solo il profitto) e spesso insensibile alle crudeltà della sperimentazione e, più che i “migliori alleati” disponibili, sono divenuti coloro che hanno reso gli uomini un problema per la Terra, una minaccia ecologica (tra effetti serra e timori nucleari ed i fanatismi sempre di moda c’è forse la premessa per una nuova ciclica catastrofe?) ma, allo stesso tempo, la tecnologia con la facilità di comunicazione ha favorito la globalizzazione, l’unione delle più varie civiltà, che si fondono e fecondano reciprocamente, con la conseguente, graduale, seppur crudele e dolorosa per le posizioni spesso troppo manichee, realizzazione di una cultura comune, una koinè (l’inglese) ed un patrimonio condiviso di conoscenze ed esperienze. La visione scientifica del cosmo, un monoculturalismo su cui si fonda la tradizione culturale e filosofica occidentale, ha ricevuto l’influenza di culture che hanno una diversa considerazione del tempo, del suo processo ciclico, c’è stato quell’incontro fra il grande pensiero filosofico di un oriente con una (supposta) alta spiritualità e un occidente materialista che sembra fosse nelle mire dei primi teosofi. Nell’Odissea leggiamo che “gli dèi tramano sventure perchè in futuro gli uomini abbiano cose da cantare…”.
Durante i 140 anni che sono passati dal momento della costituzione della Società Teosofica la scienza ha cercato di scoprire gli elementi fondamentali della materia degli oggetti con una metodologia limitata allo studio degli aspetti quantificabili e misurabili delle cose, ha preteso un’universalità in seguito a delle scelte al di là della scientificità, dell’episteme, con una concezione della natura considerata come un corpo a sè, contrapposta a un mondo dello spirito altrettanto isolato (in pratica e teoria).
E tuttavia una scienza senza un valido fondamento, e non ancora pronta a pensare a ciò che sta al di là del quantificabile, è pervenuta con la fisica postquantistica a dei modelli olistici che non possono essere ridotti in elementi separati: Niels Bohr ha detto che “se si vuole interpretare la meccanica quantistica si deve considerare il pensiero come un’essenza fisica”.
Il problema della scienza sta ora nello stabilire se la materia fisica e le sue operazioni sono sufficienti a descrivere la realtà, la vita, la presenza di un ordine, di vari stati di coscienza, il pensiero e la volontà, la creatività e le intuizioni, e tutta una serie di fenomeni, ovvero se tutto dipende dal mondo fisico o se questo è influenzato da dei mondi “superiori”, dei mondi composti da sostanze di diversa costituzione, relativi a degli stati di coscienza diversi: stati di coscienza privilegiati dalla sostanza dei globi stessi, una sostanza originata dall’energia degli stati di coscienza stessi. Si tratta di quell’esistenza di una realtà al di là dell’apparenza fisica che ha sovente intrigato gli artisti: il nero tenebroso che si scopre oltre lo squarcio della materia delle tele di Fontana, al di là del piano fisico. L’attuale visione che la scienza moderna ha del mondo ha la pretesa di essere accettata per la propria razionalità matematica, ma esclude altre forme di conoscenza altrettanto coerenti, come l’immaginazione e l’intituizione (a cui però “evidentemente” ogni scienziato deve inizialmente ricorrere), e non può quindi conoscere gli aspetti della realtà che sono vietati all’attuale metodo scientifico in quanto sono propri di altri piani: “i metodi che sono usati dai nostri esperti e dagli studiosi delle discipline psico-spirituali, non differiscono da quelli degli studiosi delle scienze naturali e fisiche. Senonchè l’ambito della nostra indagine si trova su un altro piano e i nostri strumenti non sono fatti dalle mani dell’uomo, e per questa ragione sono forse ancora più affidabili” (La Chiave della Teosofia, ed. ETI, pag. 72). Quando si parla di scienza si parla di metodo scientifico e, tradizionalmente anche per i Maestri, le “visioni spirituali, che sono delle vere indagini compiute per mezzo di sensi sia fisici che spirituali non ostacolati dagli errori di una materia cieca, sono state sistematicamente verificate e confrontate le une con le altre e la loro qualità è stata vagliata… è stato accettato solo ciò che è stato riconosciuto come verità stabilita essendo stato costantemente confermato, in pieno accordo, in varie epoche e in ambienti differenti, e attraverso tutta una occulta serie di continue indagini” (lettera 18 – ML 9).
Gli scienziati, limitando le loro ricerche al piano in cui possono localizzare e quantificare le cose, si comportano come l’ubriaco del mullah Nasruddin che, una notte, cercava sotto l’unico lampione della strada le chiavi che aveva perso, giustificandosi col dire che “è l’unico posto in cui riesco a vedere qualcosa”. La certezza di un risultato si ha quando si quantifica qualcosa di fisico, qualcosa che è relativo al globo D, ed i risultati della fisica e della chimica possono essere considerati certi, ma quando si tratta delle scienze umanistiche, di sociologia, di economia, ecc., di quanto è relativo agli stati di coscienza propri dei globi “superiori” non c’è certezza, ma ci si deve limitare a delle previsioni stocastiche. Si deve quindi considerare l’uomo composto da corpo, anima e spirito, con una natura non solo fisica, ma anche psichica e spirituale che può percepire anche qualitativamente lo spazio, il tempo, la materia e gli altri fenomeni fisici.
Premettendo che per la dottrina teosofica la spiritualità non è il contrario della materialità, ma bensì della forma, la chiave per comprendere l’intero processo sta nella costituzione dei sette globi della catena planetaria terrestre, i mondi in cui si può agire, ed HPB ce la fornisce dicendo che i globi sono coaduniti, ma non consustanziali. HPB è molto chiara quando scrive che: “Nel sistema solare (lasciamo stare l’intero kosmos) la materia differenziata esiste in sette differenti condizioni e poiché prajna, che è la capacità di percepire, ha anch’essa sette aspetti diversi in corrispondenza ai sette stati della materia, devono necessariamente esserci sette stati di coscienza nell’uomo, e le religioni e le filosofie sono organizzate secondo il maggiore o minore sviluppo di questi stati” (DS, II, 597 nota).
Secondo l’insegnamento teosofico la Terra, oltre che un mondo fisico, è un insieme di mondi, invisibili per i nostri sensi fisici, che si compenetrano, interagiscono con il nostro piano di coscienza fisico (sthūla sharira) e lo organizzano: la materia fisica è il veicolo visibile e quantificabile di un progetto universale. Questi mondi sono i globi della nostra catena terrestre, situati sui quattro piani di coscienza più bassi, quelli della forma (rupa), e sono dei mondi, coaduniti, ma non consustanziali, che privilegiano lo stato di coscienza del piano su cui si trovano. Il percorso di un’“onda di vita” attraverso tutti i (sette) globi di una catena planetaria viene detto ronda (planetaria) e durante ogni ronda (termine giudicato alquanto fuorviante dai maestri) si ha lo sviluppo di un elemento-princìpio. L’onda di vita passa per sette volte attraverso i globi di ogni catena sviluppando quindi gradualmente i sette princìpi. Ora, HPB afferma chiaramente che durante la quarta ronda non si può pensare di potere avere quel manas (il quinto principio) illuminato che sarà proprio del regno umano alla fine della quinta ronda, sebbene, poichè nel susseguirsi delle ronde e delle razze a dati numeri corrispondono analogicamente dei precisi stati coscienziali, gli uomini della quinta razza stiano facendo una sperimentazione, una prova, di quella che sarà un’esperienza futura (di norma, poichè vi sono uomini che hanno raggiunto in anticipo degli stati di coscienza che saranno normali per delle razze future, intendendo per razza un periodo d’evoluzione, derivando il termine dalla radice latina ratio, natura, genere, sorta, e non da radix).
In conclusione chi intende conformarsi al progetto universale deve ricordare che, come disse al Makki, “si deve sempre essere occupati a fare quello che si deve fare in un dato momento” e, di conseguenza, sapere trovare quel giusto equilibrio tra esprit de géométrie ed esprit de finesse, consigliato da Pascal, tra le tre correnti evolutive: valersi della consapevolezza della fratellanza e dell’etica per preparare un perfetto veicolo materiale per l’uomo “spirituale”.
Fino ad ora, alla metà della quarta ronda il lavoro è stato un ripasso, un allenamento, ma d’ora in poi incomincia il vero lavoro creativo. Il lavoro che è sacrificio, il lavoro che “si sceglie” di fare senza chiedersi “cosa ci guadagno” (personalmente). Siamo all’inizio del “viaggio di ritorno”.
Non bisogna avere fretta, Nicolas Valois, l’alchimista, ammonisce che “la pazienza è la scala dei filosofi e l’umiltà è la porta del loro giardino”. In un lontano futuro, su altri globi, la scienza (arricchita dall’esperienza fatta sul globo D) avrà a disposizione degli strumenti (sensi) che le renderanno possibile (secondo l’aneddoto del mullah Nasruddin) ampliare gradualmente il raggio della propria ricerca in attesa del sorgere della luce di un nuovo giorno in un mondo nuovo……..
Scienza e spiritualità: dalla molteplicità delle forme all’unità della vita
Pier Giorgio Parola
Seminario Teosofico di Ascona 20-22 marzo 2015
M.me Blavatsky, anche se probabilmente aveva delle conoscenze, seppur non supportate dalla tecnologia, che erano molto al di là di quelle della scienza del suo tempo, è sempre stata particolarmente attenta, incuriosita dal come le scoperte scientifiche potessero supportare gli insegnamenti teosofici, anche se era molto selettiva e pronta a criticare (vedi The Secret Doctrine Commentaries, 127). I sottotitoli di Iside Svelata e La Dottrina Segreta sono rispettivamente “Una chiave d’accesso ai misteri della scienza antica e moderna e della teologia” e “La sintesi di scienza, religione e filosofia”. Penso che HPB sapesse che un “insegnamento” deve essere in linea con la cultura del momento in cui viene impartito.
In una sua lettera (a Sinnett 45 – ML 44) il mahatma Morya scrive che, nel 1875, la decisione di patrocinare la fondazione della Società Teosofica fu presa da uno o due dei Maestri, malgrado che altri, che dice si capì in seguito essere stati i più saggi, non fossero d’accordo. L’esperimento era principalmente dovuto al bisogno di aiutare gli uomini della quarta catena a realizzare il loro compito: il magistero, il dominio della materia nel suo stato più denso. La dottrina teosofica ci dice che ora siamo giunti alla fine di una fase involutiva che, dopo una interminabile successione di cicli di minimizzazione, ha portato l’umanità in un mondo (globo D) in cui la materia è tale da consentirci una consapevole localizzazione (sthūla sharīra) in uno spazio tridimensionale. “La vostra razza, la quinta, avrà raggiunto il proprio punto massimo di intelligenza fisica e avrà sviluppato la più alta civilizzazione (ricordate la differenza che noi facciamo tra civilizzazione materiale e spirituale) e non sarà in grado di evolvere ulteriormente lungo il proprio ciclo, il suo progredire verso il male assoluto verrà fermato… da un cambiamento catastrofico; la sua grande civiltà sarà distrutta e tutte le sottorazze di tale razza, dopo un breve periodo di gloria e di sapienza, percorreranno la fase discendente dei loro cicli” (Lettera a Sinnet 93b – ML 23b).
La “seconda affermazione della dottrina segreta esprime l’assoluta generalità della legge di ciclicità, di afflusso e deflusso, la stessa legge che la fisica ha osservato e registrato in tutti i campi della natura. L’alternarsi del giorno e della notte, della vita e della morte, del sonno e della veglia, è un fatto così comune, assolutamente universale e senza eccezioni, che è facile capire come vi possiamo ravvisare una delle leggi fondamentali dell’universo” (DS, 1, 17) e nella sua esposizione canonica originaria, si tratta di una dottrina (sostenuta da Platone e intuita da Goethe) che è precipuo patrimonio della lezione di M.me Blavatsky e dei suoi Maestri (vedi la lettera 18 – ML 9) ed è quello che, nel rispetto della tradizione, differenzia la teosofia moderna dagli insegnamenti exoterici precedentemente divulgati sia in oriente che in occidente. Nel momento di inversione della tendenza involutiva c’è il punto di maggiore attrito, quello in cui la mente dell’uomo può cogliere il frutto del manvantara: “…..in questo nostro universo… la divinità guida le sue rivoluzioni circolari, ma talvolta, una volta che le rivoluzioni hanno raggiunto una durata la cui misura compete a questo universo, le abbandona a sè stesse; esso si avvia nuovamente a girare nel senso opposto, di suo proprio moto….” (Platone, Politico).
Delle intelligenze sorvegliano e dirigono il cosmo, secondo il progetto della mente universale e la teoria dei cicli, che costituisce la seconda delle tre proposizioni del proemio del La Dottrina Segreta, comporta che il processo involutivo, durato miliardi di anni, che ha portato l’umanità fino alla metà del ciclo, nel punto più lontano, inverta a questo punto la propria direzione per riportarla all’origine. Questo è il compito che è la mèta di una delle tre correnti dell’evoluzione (fisica, psichica e monadica) ed è il coronamento del manvantara.
L’obiettivo si raggiunge in Terra ed ora, sul quarto globo, durante la quarta ronda e nella quinta razza, gli scienziati, che sono gli addetti alla bisogna, hanno la stessa dignità ed importanza dei filosofi e dei mistici. Due passaggi delle lettere di K.H. ci introducono al tema del nostro incontro: nel giugno del 1882 (L 65 – ML 11) il Maestro dice, ad A. O. Hume, che “la scienza moderna è il nostro migliore alleato, ma generalmente si tramuta in un’arma usata per colpirci”, ed un mese più tardi (L 66 – ML 14) spiega, con uno schema, che nella nostra quarta ronda “nella fase discendente l’intelletto sopraffà la spiritualità e nella fase ascendente la spiritualità supera l’intelletto”.
Per quanto riguarda la seconda affermazione occorre tenere presente che secondo l’insegnamento esoterico le due fasi non hanno una connotazione etica (l’epoca del male e quella del bene), non sono due fenomeni separati, ma sono due aspetti inseparabili dello stesso ciclo, l’uno la preparazione dell’altro. Se, come pare, il movimento teosofico è legato al tantrismo buddhista non si può non porre l’accento sul fatto che è in questo nostro mondo che dobbiamo realizzarci. L’importante è conoscerci, cercare di vederci nel nostro contesto spazio temporale, ricordando che ogni manifestazione, fisiologica, astronomica, economica, sociale, politica, ecc., è ciclica, che i momenti di involuzione e di evoluzione delle varie individualità, collettive e personali, si intrecciano e accavallano, e fare del nostro meglio.
Evitando però che una giusta reazione al materialismo, che ormai è diventato consumismo, idolatria di quel consumo che dovrebbe essere una ineluttabile necessità, diventi un altrettanto squilibrato desiderio di spiritualità, dimentico della ciclicità, della necessità di mediare filosoficamente tra la razionalità, basata sull’evidenza, della scienza e quel desiderio che nel mondo della forma (rupa) è sempre pericoloso. Lo studio dei “cicli” ha un enorme impatto sulla nostra valutazione del progresso etico e morale in quanto ne risulta uno sviluppo non lineare, uno sviluppo che consiste in un interminabile alternarsi di momenti di involuzione ed evoluzione che sono a loro volta assoggettati a innumerevoli variazioni interne. Quello che va bene oggi potrebbe non essere appropriato nel futuro e si potrebbe fare del male pur pensando di essere nel giusto, e non è detto che quello che va bene per uno vada bene per un altro. Non si dovrebbe dare troppa importanza al desiderio di un proprio progresso personale (la teosofia della remunerazione) perdendo di vista la stella polare costituita dalle tre proposizioni del proemio della D.S.: l’eternità di un Universo che periodicamente si manifesta in infiniti universi, che si manifestano e scompaiono secondo una universale legge di periodicità.
Ma cos’è quella scienza che il Maestro considera “il nostro migliore alleato”? E perchè può diventare un’arma per colpirci?
“A parte” il fatto che, contrariamente alla tradizione teosofica che afferma che nell’universo ogni cosa è viva, per la scienza la vita è stata originata, tramite delle reazioni che ormai non sono più in atto, da una materia non vivente, dopo Copernico e Galileo gli scienziati hanno operato convinti che la “realtà” fosse oggettivabile, che la si potesse quantificare e misurare, e in pochi secoli, ritenendosi al di sopra di ogni obbligazione etica, hanno contribuito a creare un mondo dominato da una tecnologia schiava dei finanziamenti (che “conoscono” solo il profitto) e spesso insensibile alle crudeltà della sperimentazione e, più che i “migliori alleati” disponibili, sono divenuti coloro che hanno reso gli uomini un problema per la Terra, una minaccia ecologica (tra effetti serra e timori nucleari ed i fanatismi sempre di moda c’è forse la premessa per una nuova ciclica catastrofe?) ma, allo stesso tempo, la tecnologia con la facilità di comunicazione ha favorito la globalizzazione, l’unione delle più varie civiltà, che si fondono e fecondano reciprocamente, con la conseguente, graduale, seppur crudele e dolorosa per le posizioni spesso troppo manichee, realizzazione di una cultura comune, una koinè (l’inglese) ed un patrimonio condiviso di conoscenze ed esperienze. La visione scientifica del cosmo, un monoculturalismo su cui si fonda la tradizione culturale e filosofica occidentale, ha ricevuto l’influenza di culture che hanno una diversa considerazione del tempo, del suo processo ciclico, c’è stato quell’incontro fra il grande pensiero filosofico di un oriente con una (supposta) alta spiritualità e un occidente materialista che sembra fosse nelle mire dei primi teosofi. Nell’Odissea leggiamo che “gli dèi tramano sventure perchè in futuro gli uomini abbiano cose da cantare…”.
Durante i 140 anni che sono passati dal momento della costituzione della Società Teosofica la scienza ha cercato di scoprire gli elementi fondamentali della materia degli oggetti con una metodologia limitata allo studio degli aspetti quantificabili e misurabili delle cose, ha preteso un’universalità in seguito a delle scelte al di là della scientificità, dell’episteme, con una concezione della natura considerata come un corpo a sè, contrapposta a un mondo dello spirito altrettanto isolato (in pratica e teoria).
E tuttavia una scienza senza un valido fondamento, e non ancora pronta a pensare a ciò che sta al di là del quantificabile, è pervenuta con la fisica postquantistica a dei modelli olistici che non possono essere ridotti in elementi separati: Niels Bohr ha detto che “se si vuole interpretare la meccanica quantistica si deve considerare il pensiero come un’essenza fisica”.
Il problema della scienza sta ora nello stabilire se la materia fisica e le sue operazioni sono sufficienti a descrivere la realtà, la vita, la presenza di un ordine, di vari stati di coscienza, il pensiero e la volontà, la creatività e le intuizioni, e tutta una serie di fenomeni, ovvero se tutto dipende dal mondo fisico o se questo è influenzato da dei mondi “superiori”, dei mondi composti da sostanze di diversa costituzione, relativi a degli stati di coscienza diversi: stati di coscienza privilegiati dalla sostanza dei globi stessi, una sostanza originata dall’energia degli stati di coscienza stessi. Si tratta di quell’esistenza di una realtà al di là dell’apparenza fisica che ha sovente intrigato gli artisti: il nero tenebroso che si scopre oltre lo squarcio della materia delle tele di Fontana, al di là del piano fisico. L’attuale visione che la scienza moderna ha del mondo ha la pretesa di essere accettata per la propria razionalità matematica, ma esclude altre forme di conoscenza altrettanto coerenti, come l’immaginazione e l’intituizione (a cui però “evidentemente” ogni scienziato deve inizialmente ricorrere), e non può quindi conoscere gli aspetti della realtà che sono vietati all’attuale metodo scientifico in quanto sono propri di altri piani: “i metodi che sono usati dai nostri esperti e dagli studiosi delle discipline psico-spirituali, non differiscono da quelli degli studiosi delle scienze naturali e fisiche. Senonchè l’ambito della nostra indagine si trova su un altro piano e i nostri strumenti non sono fatti dalle mani dell’uomo, e per questa ragione sono forse ancora più affidabili” (La Chiave della Teosofia, ed. ETI, pag. 72). Quando si parla di scienza si parla di metodo scientifico e, tradizionalmente anche per i Maestri, le “visioni spirituali, che sono delle vere indagini compiute per mezzo di sensi sia fisici che spirituali non ostacolati dagli errori di una materia cieca, sono state sistematicamente verificate e confrontate le une con le altre e la loro qualità è stata vagliata… è stato accettato solo ciò che è stato riconosciuto come verità stabilita essendo stato costantemente confermato, in pieno accordo, in varie epoche e in ambienti differenti, e attraverso tutta una occulta serie di continue indagini” (lettera 18 – ML 9).
Gli scienziati, limitando le loro ricerche al piano in cui possono localizzare e quantificare le cose, si comportano come l’ubriaco del mullah Nasruddin che, una notte, cercava sotto l’unico lampione della strada le chiavi che aveva perso, giustificandosi col dire che “è l’unico posto in cui riesco a vedere qualcosa”. La certezza di un risultato si ha quando si quantifica qualcosa di fisico, qualcosa che è relativo al globo D, ed i risultati della fisica e della chimica possono essere considerati certi, ma quando si tratta delle scienze umanistiche, di sociologia, di economia, ecc., di quanto è relativo agli stati di coscienza propri dei globi “superiori” non c’è certezza, ma ci si deve limitare a delle previsioni stocastiche. Si deve quindi considerare l’uomo composto da corpo, anima e spirito, con una natura non solo fisica, ma anche psichica e spirituale che può percepire anche qualitativamente lo spazio, il tempo, la materia e gli altri fenomeni fisici.
Premettendo che per la dottrina teosofica la spiritualità non è il contrario della materialità, ma bensì della forma, la chiave per comprendere l’intero processo sta nella costituzione dei sette globi della catena planetaria terrestre, i mondi in cui si può agire, ed HPB ce la fornisce dicendo che i globi sono coaduniti, ma non consustanziali. HPB è molto chiara quando scrive che: “Nel sistema solare (lasciamo stare l’intero kosmos) la materia differenziata esiste in sette differenti condizioni e poiché prajna, che è la capacità di percepire, ha anch’essa sette aspetti diversi in corrispondenza ai sette stati della materia, devono necessariamente esserci sette stati di coscienza nell’uomo, e le religioni e le filosofie sono organizzate secondo il maggiore o minore sviluppo di questi stati” (DS, II, 597 nota).
Secondo l’insegnamento teosofico la Terra, oltre che un mondo fisico, è un insieme di mondi, invisibili per i nostri sensi fisici, che si compenetrano, interagiscono con il nostro piano di coscienza fisico (sthūla sharira) e lo organizzano: la materia fisica è il veicolo visibile e quantificabile di un progetto universale. Questi mondi sono i globi della nostra catena terrestre, situati sui quattro piani di coscienza più bassi, quelli della forma (rupa), e sono dei mondi, coaduniti, ma non consustanziali, che privilegiano lo stato di coscienza del piano su cui si trovano. Il percorso di un’“onda di vita” attraverso tutti i (sette) globi di una catena planetaria viene detto ronda (planetaria) e durante ogni ronda (termine giudicato alquanto fuorviante dai maestri) si ha lo sviluppo di un elemento-princìpio. L’onda di vita passa per sette volte attraverso i globi di ogni catena sviluppando quindi gradualmente i sette princìpi. Ora, HPB afferma chiaramente che durante la quarta ronda non si può pensare di potere avere quel manas (il quinto principio) illuminato che sarà proprio del regno umano alla fine della quinta ronda, sebbene, poichè nel susseguirsi delle ronde e delle razze a dati numeri corrispondono analogicamente dei precisi stati coscienziali, gli uomini della quinta razza stiano facendo una sperimentazione, una prova, di quella che sarà un’esperienza futura (di norma, poichè vi sono uomini che hanno raggiunto in anticipo degli stati di coscienza che saranno normali per delle razze future, intendendo per razza un periodo d’evoluzione, derivando il termine dalla radice latina ratio, natura, genere, sorta, e non da radix).
In conclusione chi intende conformarsi al progetto universale deve ricordare che, come disse al Makki, “si deve sempre essere occupati a fare quello che si deve fare in un dato momento” e, di conseguenza, sapere trovare quel giusto equilibrio tra esprit de géométrie ed esprit de finesse, consigliato da Pascal, tra le tre correnti evolutive: valersi della consapevolezza della fratellanza e dell’etica per preparare un perfetto veicolo materiale per l’uomo “spirituale”.
Fino ad ora, alla metà della quarta ronda il lavoro è stato un ripasso, un allenamento, ma d’ora in poi incomincia il vero lavoro creativo. Il lavoro che è sacrificio, il lavoro che “si sceglie” di fare senza chiedersi “cosa ci guadagno” (personalmente). Siamo all’inizio del “viaggio di ritorno”.
Non bisogna avere fretta, Nicolas Valois, l’alchimista, ammonisce che “la pazienza è la scala dei filosofi e l’umiltà è la porta del loro giardino”. In un lontano futuro, su altri globi, la scienza (arricchita dall’esperienza fatta sul globo D) avrà a disposizione degli strumenti (sensi) che le renderanno possibile (secondo l’aneddoto del mullah Nasruddin) ampliare gradualmente il raggio della propria ricerca in attesa del sorgere della luce di un nuovo giorno in un mondo nuovo……..