IL CRISTIANESIMO: VENTI SECOLI DI STORIA E DI GLORIA

L’Europa è colpita da una profonda crisi d’identità e assiste impotente alla propria scristianizzazione e secolarizzazione incamminandosi verso un destino irreversibile.

È un’Europa incerta e smarrita con uno stato d’animo di delicata tristezza e intima mestizia che sta perdendo la sua immagine ormai consegnata alla memoria.

D’altra parte, per secoli era stato detto alle tante generazioni che c’era una presenza nella nostra vita che non sarebbe venuta meno: quella del Signore nostro, Gesù Cristo, alla luce del quale tutti gli eventi avevano visto una esistenziale affermazione dei nostri popoli, vissuta con esemplare dignità, quella che ha reso grandi le generazioni passate, anche nella tragedia.

Ora sulla Europa è sceso “il nulla, la non esistenza”. L’uomo, avendo negato la presenza di Dio e autoproclamatosi “uomo in assoluto” ha rinnegato la sua Chiesa e ribadito l’autonomia della ragione umana e del progresso scientifico, culminato nelle orrende manipolazioni genetiche e ora non gli resta che affermare che siamo soli, che non c’è veramente più niente accanto all’uomo, al quale è rimasta la compagnia della solitudine e dello smarrimento ma non più la percezione della presenza di Dio.

Qui sta il mare vero della nostra civiltà Gudaica-Cristiana che affonda le radici nell’animo di ogni uomo ed è solo in lui che egli può trovare la sua guarigione.

In uno studio approfondito sulla Chiesa delle origini, il cardinale Ratzinger (divenuto Papa Benedetto XVI), affermò di fare il Cristianesimo e difatti i primi Cristiani non sostennero l’impero ma fecero un’altra cosa: “Fecero il Cristianesimo” e dichiararono che Cristo, vivente tra loro nel mistero della Chiesa, era l’unica protezione sulla vita dell’uomo e del mondo e forti di questa certezza, la testimoniarono con la loro vita, e non parlando di Dio bensì del Dio di Gesù Cristo che in Gesù Cristo si era fatto carne.

Se la scienza dà all’uomo delle risposte talvolta parziali, la filosofia pone delle domande e ci fa capire quanto essa sia in grado di darne ulteriori in risposta allo scienziato, poiché, nonostante le migliorate esplorazioni e le conoscenze del cosmo, alla scienza restano, per lo più, una ristretta zona di luce e una grande sconosciuta zona buia che non si è affatto ristretta e della quale gli scienziati si sono dovuti ricredere.

La filosofia pone delle domande alle quali l’uomo non può dare risposte e questo per il fatto che l’orizzonte filosofico “è la totalità” e l’uomo non può abbracciare

il tutto” perché questo non è alla portata della sua mente umana.

Pertanto, egli resta un essere religioso malgrado i processi di “demitizzazione” e

secolarizzazione” e delle asserzioni sulla morte di Dio che contraddistinguono la nostra epoca.

Già nello scorso Secolo, la filosofia affermava che la grande domanda = la domanda filosofica = è estranea alla scienza e la domanda più urgente era una richiesta di senso e non una spiegazione scientifica, dove “richiesta di senso” significava dare un senso alla nostra vita, al nostro operare, alla società in cui viviamo e a tutta la creazione.

L’uomo, dinnanzi a ogni minimo problema, solleva di solito due interrogativi:

il primo causale; il secondo finale.

Il primo: contempla le cause per cui accade quello che accade.

Il secondo: il perché è proprio accaduto quello che è accaduto, e non altro.

Ma allora e in maniera più esplicita: l’accadimento del quale si conosce la causa che l’ha prodotta, è parte di un disegno universale dell’universo? Perché se così fosse, al primo interrogativo occorre una spiegazione, al secondo è necessario trovarne una giustificazione e la scienza, così facendo, dà la risposta al primo perché, in quanto interrogativo; ma non al secondo poiché, (se ad esempio prendiamo in considerazione l’ipotetica morte di una persona), la scienza ne individua le cause ma non può offrirne il senso.

 

Ludwig Josef Johann Wittgenstein (1889-1951), filosofo, ingegnere e autore logico che contribuì alla fondazione della “logica filosofica del linguaggio”, sosteneva con vigore quanto segue: l’uomo “sente” che se tutte le possibili domande della scienza ricevessero una risposta esauriente, i suoi problemi di vita non sarebbero nemmeno sfiorati.

Egli sottolineava come sia la vita a mettere l’uomo davanti a un bivio: l’assurdo incredibile e la speranza, mediante la quale “la richiesta di senso” si configura come “l’invocazione di un senso unico” che l’uomo non può costruire con le sue mani né con la ragione.

Mentre Friedrich Hayek affermava, come la ragione non sia la dea-ragione e l’uomo non sia Dio, e sostenendo come il compito più importante e difficile sia quello di comprendere in modo razionale le proprie limitazioni.

La filosofia è tenuta pertanto a mantenere un contegno rispettoso, riservato e di basso profilo: quello di osservare più che ammaestrare con altezzosità;

Ed infine, Röpke: “ Benchè l’uomo sia “homo religiosus”, della nostra scristianizzazione e laicizzazione della nostrà civiltà; nessuna persona, umanamente onesta verso sé stessa, può ormai dubitare.

Ma allora, una Europa, che sembra avere dimenticato le sue idealità cristiane, può essa definirsi ancora tale?

 

II scritto :

Ascona, settembre 2016

ECONOMIA E FILOSOFIA MORALE

Allor’ quando si parla di Adam Smith (1723-1790), il suo nome viene subito accostato alla economia e al suo scritto “La ricchezza delle nazioni”, ma egli era anche un filosofo morale, del quale l’economista e suo allievo, Russ Roberts, ebbe modo di approfondire questa somma opera nel suo genere, tanto da rimanerne così affascinato e farne una convincente rielaborazione con la quale Adam Smith si manifesta e ti cambia la vita mediante una via impensata da seguire e tutta proiettata verso la natura e la felicità dell’uomo

L’opera è un esauriente “spaccato” per interrogarci e capire i problemi , le controversie e i disagi della nostra modernità , combattuta tra egocentrismo e nobiltà di sentimenti nei confronti delle esigenze e dei diritti altrui; di una ostentàta notorietà pubblica anziché di una sua modestia e riservatezza; di una comprensione per la famiglia, quale nucleo fondamentale della nostra società anziché rivolgere uno sguardo a degli anèliti ambiziosi per una carriera veloce.

Russ Roberts fa una riflessione e afferma come l’uomo “conviva” durante la sua vita con un equilibrato e affascinante “alter ego” al quale, il più delle volte, gli chiede conto delle proprie azioni, più o meno nascoste, buone o cattive che siano, perché l’uomo, nonostante tutto, tende a un comportamento corretto in quanto che non vuole sfigurare con sé stesso. Pertanto l’uomo non è solamente un essere amato bensì, anche amabile – vale a dire – degno di essere amato.

Con questa enunciazione nasce una interpretazione di rapporti costruiti su degli intrecci interpersonali, che si fanno più solleciti e premurosi; addirittura empàtici verso il prossimo e noi stessi.

Ma tale tendenza armoniosa, diventa ardua da realizzare se l’uomo pensa di poter disporre degli altri uomini e di muoverli a piacimento; ecco allora riflettersi il sentimento morale di Adam Smith e, nel contempo, della economia e il valore della libertà di mercato.

Adam Smith condanna, quindi, insolenza e presunzione, diffuse tra gli intellettuali che tendono a soprastimare il potere che emargina la persona nella sua umanità benèvola e comprensiva, di dolcezza e affabilità, di un sentimento di fratellanza e consapevolezza di essere parte di un comune destino.

L’allievo-economista Roberts ci offre un itinerario ideale dentro l’umanità e ci invita a comprendere quanto la moralità , la consapevolezza delle azioni e a libertà procedano sempre di concerto.

 

Ascona, agosto 2016   Giancarlo Fabbri

“membro della società teosofica svizzera”