La persecuzione dei filosofi

Già sotto Vespasiano i maestri della filosofia stoica e scettica attivi in Roma erano stati perseguitati per la loro opposizione al regime. Ostilio e Demetrio erano stati mandati in esilio ed Elvidio Prisco, che si era rifiutato di riconoscere Vespasiano quale imperatore, fu messo a morte.[168] Il potere imperiale considerava intollerabile la loro indipendenza di giudizio e se essi generalmente non erano politicamente attivi, erano però moralmente autorevoli e le loro critiche erano tanto più pericolose in quanto venivano diffuse pubblicamente tra i loro allievi. Ignorati o incompresi o disprezzati dal popolo, questi maestri erano però seguiti dagli aristocratici che ascoltavano le loro lezioni, sollecitavano i loro consigli e gli affidavano i loro figli perché li istruissero e li educassero. In tal modo, agli occhi di Domiziano, i filosofi divennero istigatori e complici dei suoi peggiori nemici.

… un decreto del Senato stabilì l’espulsione dei filosofi e degli astrologi.[175] Il pitagorico Apollonio di Tiana se ne andò a Pozzuoli, Epitteto si ritirò a Nicopoli, Dione Crisostomo in Asia Minore.

Nel Medioevo

La pratica della teurgia tese a scomparire contestualmente alla chiusura delle scuole filosofiche e teologiche non cristiane avvenuta nel 529 d.C. con la pubblicazione del Codex Iustinianus, emesso dall’imperatore cristiano Giustiniano, il quale proibiva qualsiasi dottrina filosofica o pratica religiosa non cristiana.

Nel Medioevo cristiano tali pratiche vennero ‘demonizzate’ e considerate ‘malefiche’ e inaccettabili, giacché l’avvento del Cristianesimo implicava l’eclissi di tutti i «daimones» pagani, che a loro volta erano considerati maschere degli angeli caduti insieme a Lucifero. La pratica teurgica venne chiamata ars goetia, locuzione derivata da una parola greca che significa “stregoneria“, “magia nera“, alla quale ovviamente si contrapponeva la liturgia sacramentale cattolica, considerata come la nuova e la vera teurgia, ovvero l’opera salvifica e santificatrice di Dio nella mediazione dei suoi sacerdoti