Christian Knorr von Rosenroth, 1636 – 1689
La gloria mattutina dell’eternità :
Luce dalla luce non creata,
mandaci stamattina
i tuoi raggi al viso,
e con la tua potenza scaccia
la nostra notte. Vieni a noi con il tuo potere,
o tu ascesa verso le altezze sublimi,
poiché il peccato è amara prigionia
… e affinché sparisca la miseria del dubbio
dacci conforto e fiducia
con la tua luce.
Libro di Dzyan
Si suppone che il Libro di Dzyan sia un testo antico, di origine tibetana, e possibilmente legato a un ramo esoterico del buddismo tibetano. Fu la base della Teosofia, il movimento spiritualista esoterico fondato da Helena Blavatsky nel 1875 e diffuso dalla Società Teosofica. L’opera principale di quest’ultima, The Secret Doctrine (1888), propone di studiare alcune strofe (vedi Wikisource) tratte da questa leggendaria opera, identificata per diversi anni dagli studiosi anglosassoni con il libro di Kiu-Te.
Il punto di vista di Gershom Scholem
Gershom Scholem (che è stato per molte edizioni relatore agli incontri Eranos ad Ascona insieme a molti studiosi fra cui Herbert Read che scoprirà Luigi Pericle) , dicevamo appunto che Gershom Sholem filosofo specializzato nella cabala ebraica, afferma in una nota di Major Trends in Jewish Mysticism (1950) :
“Secondo me, non c’è dubbio che le famose strofe del misterioso Libro di Dzyan, su cui si basa la magnum opus della signora H. P. Blavatsky, La dottrina segreta, dipendono, sia nel titolo che nel contenuto, dalle pagine pompose della scrittura zohariana [nello Zohar, datato 1280] chiamata Siphra Di-Tzeniutha. Il primo a proporre questa teoria senza ulteriori prove fu L. A. Bosman, un teosofo ebreo, nel suo opuscolo I misteri della Cabala (1916), p. 31. Questa mi sembra davvero la vera ‘etimologia’ del titolo finora inspiegabile. La signora Blavatsky ha attinto ampiamente dalla Kabbala Denudata di Knorr von Rosenroth (1677-1684),
che contiene (vol. II, pp. 347-385) una traduzione latina del Sifra Di-Tseniutha . Infatti, la stessa H.P.B. allude a tale rapporto tra i due libri nelle primissime righe di Isis dévoilé: “Da qualche parte in questo vasto universo c’è un vecchio Libro…. Il più antico documento ebraico sulla scienza occulta – il Sifra Dzeniuta – è stato compilato a partire da questo libro e risale a un’epoca in cui era già considerato una reliquia letteraria”. Il Libro di Dzyan – conclude Scholem – non è quindi altro che un’ipostasi occulta del titolo zoharico. »

Blocchi del Canone buddhista tibetano conservati presso il monastero di Riwoche, Tibet.
Il punto di vista di René Guénon (uno dei detrattori di H.P.B.) :
Secondo René Guénon, le famose strofe di Dzyan citate nella Dottrina segreta di Helena Petrovna Blavatsky sono un’alterazione di due vecchi documenti da lui ricostruiti. Le parti autentiche delle strofe di Dzyan provengono da una traduzione del Kangyur e Tanjur pubblicata a Calcutta da Alexander Csoma di Kőrös 7.
Chi ha ragione secondo voi ? Ora vado a cercare le due fonti e trovo :
Per Gershom Sholem :
E per Réne Guénon :
Canone buddhista tibetano
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
Blocchi in legno per la stampa xilografica del Canone buddhista tibetano predisposti nel XVIII secolo, in una foto del 1948 del monastero di Nartang. Questo tesoro culturale tibetano è andato distrutto negli anni ’60 del XX secolo durante la Rivoluzione culturale avviata dal Partito Comunista Cinese.Blocchi del Canone buddhista tibetano conservati presso il monastero di Riwoche, Tibet.
Con l’espressione Canone buddhista tibetano, o Canone tibetano, si indica, negli studi buddhisti, l’insieme di due raccolte di testi propri della letteratura buddhista canonica in lingua tibetana e che corrispondono a:
- il bKa’-’gyur (nella grafia tibetana: བཀའ་འགྱུར; reso anche come Kangyur o Kanjur; lett. “[La raccolta delle] parole tradotte[del Buddha]”);
- il bsTan-’gyur (nella grafia tibetana: བསྟན་འགྱུར; reso anche come Tangyur o Tanjur; lett. “[La raccolta dei] commentari tradotti“).
Il Canone tibetano è quindi l’opera che raccoglie i sūtra (མདོ, mdo), i tantra (རྒྱུད, rgyud), i śāstra (བསྟན་བཆོས, bstan bcos), il vinaya(འདུལ་བ།, ‘dul ba) e in generale le scritture buddhiste, tradotte in lingua tibetana e ritenute importanti per la tradizione del Buddhismo Vajrayāna in Tibet.
Il Canone tibetano si è sostanzialmente formato dall’VIII al XIII secolo, assumendo una sua prima edizione definitiva grazie al dotto poligrafo e bla-ma (བླ་མ) del XIV secolo Bu-ston rin-chen grub ( བུ་སྟོན་རིན་ཆེན་གྲུབ་, anche Butön Rinchen Drup, 1290-1364). Complessivamente esso si compone di oltre trecento volumi comprendenti circa quattromila opere tradotte dal sanscrito, dal pracrito, dallo apabhraṃśa, dal cinese e da lingue centroasiatiche, ma si compone anche di commentari redatti direttamente in lingua tibetana[1].
In poche parole i due dicono la stessa cosa e non c’è nessuna contraddizione in realtà come indica infatti H.P.B.
Con la mente aperta del Teosofo è naturalmente evidente che gli insegnamenti universali (la Dottrina Segreta) siano custoditi nella tradizioni iniziatiche di tutto il globo e quindi sia i Tibetani che gli Ebrei erano delle fonti sicure.
Per approfondire le tematiche teosofiche legate ad Ascona e ai primordi della Società Teosofica :
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