L’EVOLUZIONE: PROSPETTIVE TEOSOFICHE
Pier Giorgio Parola
Quando nel 1875 due Maestri decisero di sostenere la fondazione della Società Teosofica, la divulgazione, avvenuta nel 1859, della teoria evoluzionistica darwiniana ebbe, indubbiamente, il suo peso. Più di trecent’anni dopo che il “Delle Rivoluzioni dei Corpi Celesti” di Copernico aveva cacciato l’uomo dal centro dell’universo fisico, e quasi trecento da quando Giordano Bruno venne mandato “vivus in igne… per usare clemenza senza spargimento di sangue”, l’“Origine delle Specie” di Darwin cacciò i teologi dall’Eden; in pochi secoli l’uomo aveva perso quella centralità e quella diversità rispetto alla struttura dell’universo che, per tanti secoli, si era attribuita. I Maestri, sempre attenti per il bene dell’umanità, erano ben consci dei problemi che potevano presentarsi e K.H. rileva, nella sua prima lettera a Hume, come, fra l’altro, gli scienziati nel novembre 1880 fossero “divisi sulle teorie di Darwin”.
Davanti ad un pubblico che pensava (e pensa) a tutt’altro, iniziava allora quel balletto tra il creazionismo biblico, che tutt’ora alcuni dei cristiani più conservatori mantengono, ed un evoluzionismo di cui talvolta si ignorano le differenziazioni. Diversificazioni che sono state sovente attribuibili al desiderio politico di non alienarsi determinati settori.
Gli anni in cui iniziò a formarsi il moderno movimento teosofico videro quindi M.me Blavatsky confrontarsi con la nuova dottrina. L’argomento “progresso della vita” era di attualità ed HPB conosceva bene il soggetto ed era in grado di individuare quei problemi che ancor’oggi rimangono irrisolti per la scienza e di esprimere chiaramente le differenze tra la propria dottrina ed il sistema darwiniano. Che fosse in grado di farlo lo si può rilevare anche dalla lettera che, dopo la pubblicazione dell’“Iside”, Alfred R. Wallace, uno scienziato le cui osservazioni erano state utilizzate da Darwin per elaborare le proprie teorie, le inviò (gennaio 1878) dicendosi “stupefatto per l’erudizione di questi bei volumi e per l’interesse dei temi che trattano. C’è una quantità di nuove idee che sono di grande valore”.
Invero HPB riconobbe la validità del lavoro di Darwin, pur ritenendolo insufficiente a spiegare le cause che costituiscono il fondamento dell’evoluzione e rilevando l’utilizzo “in luogo di forze creatrici consapevoli…. di forze della natura agenti alla cieca, senza alcun fine…” (S.D., II, 652). “L’occultismo non nega la realtà dell’origine meccanica dell’universo, ma proclama l’assoluta necessità dell’esistenza dei meccanici…” (S.D. I, 594).
Il giudizio di Wallace rimase una rara avis, ma se, evidentemente, non si può chiedere che un insegnamento che si basa su allegorie, astrazioni, accenni ed allusioni sia considerato scientifico, si può pretendere che sia criticato con giuste considerazioni. Questo anche perchè quella stessa ricerca che ha fornito, con i geni omeotici (quelli che controllano la forma corporale), una risposta che un tempo non si poteva pretendere dalla scienza, ha fatto si che attualmente la dottrina teosofica stia ottenendo una certa considerazione da parte di alcuni (più numerosi di quanto comunemente si pensa) scienziati; se non altro alcuni temi, come quello delle estinzioni di massa, su cui Darwin preferì sorvolare, possono essere temi di discussione e confronto.
Le fazioni dei creazionisti e degli evoluzionisti quindi, le cui posizioni sono così mutate nel corso dello scorso secolo, dovrebbero essere pronte a discutere e non a rifiutare tout court, con spocchia, quella “teosofia” che, con le teorie dell’“emanazione” e della “evoluzione”, ha dato risposte che, pur evidentemente discutibili e chiaramente non verificabili con i criteri della scienza, non mancano di una non trascurabile coerenza.
Bisogna innanzi tutto precisare che l’evoluzione di cui parla la “teosofia” ha poco da spartire con quella darwiniana; a parte il fatto che il termine “evoluzione” non è mai stato usato da Darwin (sebbene lo abbia poi fatto il suo editore). L’evoluzione darwiniana infatti, che evidenzia così bene le pecche dei “fissisti”, è figlia del “TRASFORMISMO” di Lamarck ed esclude ogni intervento cosiddetto preternaturale, utilizzando dei criteri esclusivamente “scientifici” ossia materialistici. La dottrina teosofica, in cui il concetto di evoluzione pervade così diffusamente tutto l’insegnamento da influire su ogni tema, afferma che c’è ben altro al di là del piano fisico su cui indaga la scienza. E’ un tema che HPB aveva ben presente: “….non abbiamo nulla contro la parte fisica della teoria dell’evoluzione….quello su cui abbiamo da obiettare è la totale disattenzione per l’altra parte della teoria…. l’evoluzione dello spirito, che si sviluppa in silenzio e si afferma sempre più con il perfezionarsi delle forme” (C.W. II, 185). M.me Blavatsky, in breve, sosteneva la POSSIBILITA’ di applicare un METODO assolutamente scientifico ad una realtà metafisica.
La dottrina teosofica afferma la CICLICA manifestazione di un’unica eterna, immutabile ed inconoscibile realtà e qui occorre notare che, tradizionalmente, il termine evoluzione non ha mai indicato un progresso rettilineo, e che, anche etimologicamente, il termine stesso EVOLUZIONE, dal latino E-VOLV-ERE, significa “FUORI DA,….MUOVERSI IN GIRO”. Si tratta di una manifestazione in cui c’è la fondamentale unità di ogni esistenza, in cui nulla è separato dalla realtà infinita e che è guidata ed animata da una gerarchia cosmica di esseri coscienti, ognuno dei quali ha un compito specifico. In questo universo ogni cosa deve adeguarsi alla LEGGE dell’ETERNO EQUILIBRIO che i Maestri affermano essere l’UNICA e suprema legge su cui si basa ogni cosa. Questa legge comporta che a delle cause corrispondano degli effetti, in un processo, karma, che stabilisce che l’evoluzione naturale sia soggetta ad una legge di periodicità con dei cicli con fasi divergenti, che hanno però un andamento progressivo e non solo ripetitivo.
“La dottrina segreta afferma il progressivo sviluppo di ogni cosa, dei mondi come degli atomi, e che non è concepibile un inizio od una fine di questa stupenda evoluzione. Il nostro ‘universo’ è solo uno degli infiniti universi, tutti ‘figli della necessità’ in quanto anelli della grande catena cosmica degli universi, essendo ognuno in relazione con i suoi predecessori, dei quali è l’effetto, ed essendo la causa dei suoi successori.” (S.D. I, 43).
Evolvere è un impulso eterno che, al di là del tempo, risponde al richiamo del Dharma, di quella legge costituita da tutte le cause, dagli incalcolabili dharma, i piccoli fattori, i piccoli eventi dell’esistenza di ognuno, della sua esperienza soggettiva. Il nostro karma è la combinazione degli atti e dei pensieri di tutti gli esseri, di qualsiasi tipo, che hanno partecipato al precedente manvantara ossia alla corrente di evoluzione da cui deriva la nostra.
Evolvere è un impulso a cui non si può sfuggire, in una eterna sequela Christi c’è la necessità di reincarnarsi per poi risorgere, senza una fine, la teosofia ci dice che non c’è fine e non c’è inizio, non c’è mai stato. Ci sono la fine e l’inizio delle forme particolari (non importa quanto grandi), ma non ci fu un’origine e la vita EVOLVE senza una fine, ciclicamente. Secondo l’insegnamento teosofico l’evoluzione senza inizio nè fine, è un eterno viaggio verso sempre nuove esperienze. Gli esseri più avanzati di un sistema, come la nostra catena planetaria, incominceranno come “elementali” nella prossima manifestazione, al grado più basso dei tre regni che seguono il regno minerale o di una suddivisione conforme. In relazione alle scale musicali, la prima nota di ogni ottava ha lo stesso tono di quella della precedente, ma ad una frequenza maggiore.
Per essere più precisi: “….in natura esiste un triplice schema evoluzionario per la formazione delle tre periodiche upadhi (veicoli)…., l’evoluzione monadica, quella intellettuale e quella fisica. Questi sono gli aspetti definiti o il riflesso sul campo dell’illusione cosmica di atmā, il settimo, l’unica realtà.
1. La monadica è….connessa con la crescita e lo sviluppo della monade in sempre maggiori fasi di attività unitamente a :
2. l’intellettuale rappresentata dai manasadhyani (i deva solari o agnishvatta pitri) i “datori dell’intelligenza e coscienza” all’uomo e:
3. la fisica, rappresentata dai chhaya (forme) dei pitri lunari, intorno ai quali la natura ha costruito l’attuale corpo fisico. Questo corpo serve da veicolo per la “crescita”…. e la trasformazione per mezzo del manas e, a causa dell’accumulo delle esperienze, del finito nell’infinito, del transitorio nell’eterno e assoluto. Ognuno di questi tre sistemi ha le proprie leggi ed è regolato e guidato da differenti gruppi dei più alti dhyani o “Logoi”. Ognuno è rappresentato nella costituzione dell’uomo, il microcosmo del grande macrocosmo, ed è l’unione in lui di queste tre correnti che lo rende l’essere complesso che è attualmente”. (S.D., I, 181-2).
Secondo HPB le tre correnti, quelle degli architetti (dhyani ed eventualmente adepti di grado eccelso), degli operai (gli uomini) e dei materiali da costruzione (elementali e minerali), sono combinate indissolubilmente. Ed il Maestro K.H. (lettera n.9) afferma che “…la massa dei mondi celesti abitati da uomini intelligenti (tra cui il nostro pianeta) può essere paragonata ad una sfera o meglio ad un epicicloide formato da anelli come una catena, a mondi concatenati il cui complesso rappresenta un anello o cerchio immaginario senza fine”.
Ma per chiarire tutto ciò nell’ambito dell’insegnamento teosofico occorre precisare che nei testi che sono considerati canonici ci sono delle notevoli differenze e che se HPB dice che “l’intero cosmo è guidato, controllato ed animato da una serie quasi infinita di gerarchie di esseri senzienti, ognuna con un suo compito, i quali, qualsiasi nome diamo loro, sia che li chiamiamo dhyani ciohan o angeli, sono i ‘messaggeri’, nel senso che sono gli agenti della cosmica legge karmica. I loro gradi di intelligenza e di consapevolezza variano infinitamente e considerarli tutti dei puri spiriti senza alcun legame terrestre è pura fantasia……” (S.D., I, 274-5), ed aggiunge che “invero, come abbiamo appena visto, ogni cosiddetto ‘spirito’ o è un uomo disincarnato o è un futuro uomo. Dall’arcangelo più elevato (dhyani ciohan) fino all’ultimo “costruttore” consapevole (la più bassa classe di entità spirituali) sono tutti uomini, vissuti eoni fà, in altri manvantara, su questa o su un’altra sfera, mentre gli elementali inferiori, semi intelligenti o non intelligenti, sono tutti futuri uomini” (S.D. I, 277), al contrario il sistema di C.W. Leadbeater (Jinarajadasa ecc.) afferma che “gli spiriti della natura costituiscono una evoluzione a parte, a questo livello completamente distinta da quella dell’umanità….noi sappiamo che, dopo che si è ottenuta l’individualità, lo sviluppo dell’umanità ci conduce gradualmente sul ‘sentiero’ e poi avanti verso l’alto fino a divenire degli Adepti dalle possibilità meravigliose” ed inoltre “questa è la nostra linea di sviluppo, ma non dobbiamo fare l’errore di credere che sia l’unica linea…. gli spiriti della natura, ad esempio, non sono mai stati e non saranno mai membri di una umanità come la nostra” (The Hidden Side of Things, I, 116-7). Riguardo al nostro tema ci sono quindi due posizioni antitetiche di cui occorre prendere atto, che non si possono certo ignorare, ma che, almeno a mio parere, non si possono neanche conciliare e quindi, nel prosieguo della nostra chiaccherata, almeno per oggi…., ci limiteremo a considerare il sistema blavatskiano e dei Maestri. Fatta questa precisazione possiamo ancora citare la S.D. che dice che: ”Ogni forma sulla terra ed ogni punto (atomo) nello spazio cercano, operando per l’autoformazione, di seguire il modello posto per loro nell’“HEAVENLY MAN”….. La sua (dell’atomo) involuzione ed evoluzione, la sua crescita ed il suo sviluppo esterni ed interni hanno tutti un medesimo scopo: l’uomo; l’uomo, che su questa terra è la forma massima e definitiva; la MONADE, nella sua totalità assoluta e nel suo stato di risveglio, come culmine della incarnazione divina in terra” (S.D., I, 183).
Il modello creato in corrispondenza alla legge unica, il Dharma, quella legge costituita da tutte le cause, da tutte le registrazioni custodite nell’“Uovo d’Oro” che, ubbidendo alla legge karmica, danno ciclicamente origine alla manifestazione, ad un periodo di progresso, di sristi, dopo un periodo di riposo, di pralaya, è un paradigma che si riflette in ogni forma del cosmo, in ognuna delle conformazioni che veicolano quel processo interiore che costituisce il perché dell’esistenza. Ogni progresso esteriore, ogni evoluzione è aderenza al “progetto”.
Il primo volume del “La Dottrina Segreta” è dedicato all’esame degli eventi legati alla manifestazione dell’universo ed in particolare della nostra terra in quanto connessi con la nostra evoluzione; e spiega come il graduale, progressivo, realizzarsi dei corpi fisici, di cui si occupa l’attuale scienza, è avvenuto lungo cicli regolari e costanti, secondo una legge infallibile che prevede una ciclica alterna evoluzione.
“La Dottrina Segreta” dice che: “Per l’azione della sapienza manifestata, o Mahat, rappresentata dagli innumerevoli centri di energia spirituale nel cosmo che sono il riflesso della mente universale, che è l’ideazione cosmica con la forza intellettuale che accompagna questa ideazione, il fohat della filosofia esoterica buddhista diventa oggettivo. Fohat, seguendo i sette principi di akasha, agisce sulla sostanza manifestata ossia sull’elemento unico…….e differenziandolo in vari centri d’energia, mette in moto la legge di evoluzione cosmica, che, ubbidendo all’ideazione della mente universale, porta in esistenza ogni stato d’essere del sistema solare” (S.D., I, 110). HPB ci dice che durante la nostra catena planetaria, “in una fase discentente lo spirituale gradualmente si trasforma nel minerale, poi nel punto di mezzo spirito e materia vengono equilibrati nell’uomo e dall’uomo e quindi, nella fase ascendente, lo spirito, gradualmente, si riafferma a spese del fisico, o materia, cosìcchè, alla fine della settima razza della settima ronda, la monade sarà come liberata dalla materia e da tutti i suoi attributi, come era al principio, avendo in più guadagnato esperienza e sapienza, il frutto delle sue vite personali senza più il male e le tentazioni”(S.D., II, 180-1)..
Un tema che nel secolo passato, ed ancor oggi, ha creato problemi ai teosofisti è quello delle razze ed è quindi necessario rilevare (S.D., 571-4) che differenti stati di coscienza si possono trovare nei popoli più diversi e sono generalmente dovuti, a parte l’impegno dei singoli, a delle tendenze karmiche. In ogni uomo sono virtualmente presenti tutte e sette le razze, pur essendovi la predominanza di una in particolare. La settuplice differenziazione è dovuta al fatto che le monadi (i raggi monadici) sono di sette tipi, in relazione ai sette dhyani buddha che durante la presente manifestazione sono i prototipi per ogni diversità e che operano congiuntamente. Si deduce che le diseguaglianze fra le razze sono le stesse che si trovano al livello più sublime, ognuna con la stessa dignità, e che solo la misconoscenza dell’insegnamento teosofico può intravedervi una posizione razzista.
E’ interessante notare come differenti linee evolutive si intreccino e supportino nel succedersi di successivi stati di coscenza (razze, intendendo per razza un periodo d’evoluzione e derivando il termine dalla radice latina ratio, natura, genere, e non da radix), nell’ambito di una entità unica, un insieme di monadi immortali che preparano, sotto la guida dei differenti dhyani preposti, quelle “personalità” che sono lo strumento per progredire nel sistema delle tre correnti evolutive. Un aiuto si trova nell’ammonimento dei Maestri che indicano nella legge dell’analogia la sola guida sicura, e nella constatazione che quando nel canone blavatskiano si trovano dei numeri riferiti a fattori dei processi evolutivi ci sono delle innegabili ed irrinunciabili corrispondenze.
L’evoluzione individuale non è quindi limitata ad una vita, ma continua per un numero illimitato di vite, reso possibile dalla reincarnazione, dall’ingresso del Sé, la trinità di spirito, anima e mente, in un altro corpo umano; l’accettazione della dottrina dei cicli risponde a molte domande, a bazzecole del tipo: perché si deve morire? HPB afferma la necessità di non saltare nessun gradino, ammettendo che i gradini (intervalli) ci sono. La ricerca di una possibile liberazione dal doloroso, interminabile corso del samsara è una posizione che la teosofia non stima corretta. Il teosofista non dovrebbe considerare una vita personale dell’uomo come un episodio separato, avulso dalla interminabile sequenza di reincarnazioni imposta dalla legge karmica, in un susseguirsi di momenti di involuzione e di evoluzione che richiedono dei comportamenti completamente differenti, opposti e questo è importante quando si debbano giudicare i comportamenti altrui. Al contrario, la graduale evoluzione psicologica dell’uomo non è presa in considerazione da Krishnamurti che esorta alla liberazione non dell’io, ma dall’io, e questa è la grande differenza tra il suo pensiero e la dottrina teosofica, ma l’intuizione della teoria degli “equilibri punteggiati” da parte di due uomini di scienza come Stephen Gould e Niles Eldredge, può fare riflettere (così in alto come in basso in una visione temporale di strabiliante durata) sulla possibilità di conciliare le due posizioni. Se vogliamo raccontare una storiella: un giorno dopo l’altro invecchiamo, cambiamo a poco a poco, impercettibilmente, e poi un bel giorno ci mettono un vestitino di legno…. e come cambiamento non c’è male (ma ciò che cambia è la personalità: un vestito).
In questo contesto, in cui una visione chiaramente analogica è indubbiamente sconfessata dalla quotidiana esperienza della digitalità, la scienza, con quella stessa teoria dei quanti che nel secolo scorso ha tolto agli uomini molte certezze, dà molto su cui riflettere (come ha ben compreso David Bohm).
Ad ogni modo di certo c’è il fatto che quello dell’evoluzione è un cammino che, oltre un certo limite, non può essere abbreviato da nessuno in quanto mancano le condizioni per farlo, poiché il mondo non è ancora FORMALMENTE in grado di manifestare una coscienza umana così sublime.
Ora noi teosofisti siamo ad un punto dell’evoluzione in cui si dovrebbe essere come gli evangelici “fiori dei campi”, senza l’assillo di bisogni che spingono continuamente a voler divenire qualcos’altro; l’importante è conoscerci, cercare di vederci nel nostro contesto spazio temporale, consapevoli della ciclicità della manifestazione, in cui i momenti di involuzione e di evoluzione delle individualità, personali e collettive, si intrecciano ed accavallano, e fare del nostro meglio. Evolvendo nel corso dei cicli, durante miliardi di anni di cammino, di lavoro e di crescita, l’uomo diventerà sempre più maturo, consapevole della propria posizione e della propria meta, sempre più consapevole delle cause che sta seminando, di quelle cause che saranno gli skandha che caratterizzeranno il mondo futuro. L’evoluzione ha come meta ultima l’uomo, che su questa terra è la forma massima e definitiva. Nel 1875 M.me Blavatsky ed i suoi Maestri restituirono all’uomo la sua perduta dignità.
“L’uomo…. essendo un composto delle essenze di tutte le gerarchie celesti può riuscire, come tale, a rendere sè stesso superiore, in un certo senso, ad ogni gerarchia o classe, o anche ad una loro associazione” (S.D. I, 276), il che ci ricorda, molto suggestivamente, che nella “Cosmologia di Enoch” leggiamo che: “il Signore mi disse….. poichè nemmeno ai miei angeli ho aperto il mio segreto, nè ho detto la loro nascita e non hanno conosciuto la mia creazione immensa ed inconcepibile, a te oggi la rivelo”.
La dottrina teosofica può fornire una risposta ad un problema che, fin dai tempi di Giobbe, ha sempre appassionato coloro che hanno sete di giustizia e non gradiscono pensare di essere unicamente in balia dei comandamenti di un “Dio” o, in alternativa, manovrati da una ingegnosa molecola che vuole sopravvivere: di essere sempre in balia di un qualche genio, celato lassù in cielo o quaggiù nei nostri nuclei.