Crisi di una moderna identità genitoriàle, Giancarlo Fabbri


Crisi di una moderna identità genitoriàle

in una società in profonda crisi di coscienza

 

Questo scritto non è destinato ai corinzi nè tanto meno ai filippesi bensì; a quelle persone di buona volontà e a quei genitori che sanno essere maestri di vita e di civile convivenza, che sono educatori dei propri figli, capàci di dialogare con essi e di ritagliarsi il tempo “necessario” da dedicare ai loro giochi per assecondarne la creatività, lo spirito di competizione e un cònsono comportamento sociale.

Se ci trasferiamo mentalmente nel loro immaginifico mondo, riscopriamo in loro la bellezza e la gioia della nostra infanzia spensierata e i momenti di quella eredità spirituale che si rifà ai primordi.

È necessario pertanto iniziare un rapporto privilegiato con i figli che tenga conto delle loro prerogatìve e specificità in grado di “catturare” le loro menti, ricche di slancio, di fantasia e immaginazione nei momenti ludici che favoriscono non solo il dialogo, ma anche una fattìva socializzazione.

Ma, per sostenere questo non facile còmpito, i genitori devono avere indulgenza e, soprattutto, rifuggìre da un processo mentale, promotore di infallibili certezze e dogmàtici pregiudizi, con cui una persona pensànte e consapevole trova rifugio al proprio essere nella coscienza che ha di sé.

Diventa così determinante la presenza di una mente responsabile che sappia dare un profondo senso “di vita alla vita” alla quale i genitori sono chiamati a una missione da portare a termine per sentirsi realizzati in un mondo migliore a favore di figli e nipoti, ma anche per “realizzarci” in una meravigliosa luce di comprensione e di umanità:

Le parole e gli insegnamenti non bàstano alle volte a creare persone comprensive, caritatevoli, sensibili e degne di encòmio, tanto è vero che siamo i fedeli testimoni di una infinita sequenza di persone avviàte mestamente sul sentiero di una “vanagloriosa finitudine” alla quale noi, uomini di ogni tempo, non abbiamo saputo né voluto “abdicàre”.

 

 

Ascona, 7 dicembre 2015

Giancarlo Fabbri,

“Membro della Società Teosofica Svizzera”

Oggi si festeggiano i 140 anni della Società Teosofica : The Theosophical Society was founded in 17 November 1875 by H.P. Blavatsky and H.S. Olcott


 

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Foundation Day

will be celebrated on

Tuesday 17 November 2015 at 5.30 pm

The International President Mr Tim Boyd speaks

All are welcome! The Theosophical Society was founded in 17 November 1875 by H.P. Blavatsky and H.S. Olcott

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“Ricorre oggi il 140° anniversario della fondazione della Società Teosofica, costituita a New York il 17 novembre 1875

Una riflessione imparziale mostra come il lavoro che la S.T. ha svolto dalla fine dell’Ottocento ad oggi, sia stato costantemente coerente con i suoi Scopi originari, in primis quello della Fratellanza Universale senza distinzioni. La S.T. ha anche dimostrato di saper influenzare lo spirito del tempo, si pensi in proposito al concetto di Unità della Vita o al diffondersi del vegetarismo e di essere capace di valorizzazione il metodo maieutico –tipico dell’approccio teosofico allo studio e l’attività di Servizio.

La S.T. vuole anche oggi contribuire all’affermazione del Bello, del Buono e del Vero di platonica memoria in un momento evolutivo dell’Umanità, che se da un lato vede un sempre più numeroso sbocciare dei semi della consapevolezza, è caratterizzato dall’altro da violenze, odi, e lotte disarmonica fra le nazioni, le religioni, gli esseri umano.

La domanda che sorge spontanea è: la Società Teosofica è oggi in grado di continuare a portate un contributo positivo all’evoluzione del Pianeta? Credo che in tutti noi la risposta sia univoca e positiva.

Il lavoro teosofico, che è ad un tempo individuale e di gruppo, è ancor oggi straordinariamente attuale e lo è perché di ispira alla Teosofia, l’Eterna Saggezza che raccoglie e sistematizza le leggi universali.

Traiamo dunque tutti insieme forza e ispirazione da questo 140° anniversario della fondazione della S.T., rinnovando la nostra piena adesione agli Scopi, la nostra riconoscenza verso i Pionieri, in primis H.S. Olcott ed H.P. Blavatsky, la nostra salda volontà di operare con saggezza ed entusiasmo all’interno dei nostri Gruppi e Centri, come pure a livello nazionale ed internazionale.

Il tutto senza dimenticare che il nostro consesso è stato voluto dai Mahatma, vera ispirazione originaria della S.T.

Concludo con queste parole che il Col. Olcott  pronunciò nel suo discorso inaugurale: “Ai settari dobbiamo dimostrare l’origine dei loro idoli e dogmi, alle menti liberali della scienza le profonde conquiste scientifiche degli antichi… noi siamo ricercatori seri, di mente imparziale, che studiano ogni cosa, saggiano tutto e si attengono a quanto c’è di buono… noi ricerchiamo, indaghiamo, non respingiamo nulla senza giusta ragione e non accettiamo nulla senza prove, noi siamo studiosi, non maestri.”

Con un fraterno saluto e con l’augurio di Ogni Bene:

 

Antonio Girardi ”

Tanti auguri !

Andrea Biasca-Caroni

wwww.teosofia.ch

Per chi desiderasse contribuire ai lavori di ristrutturazione di Adyar c’è un conto su ci versare :

 

 

 

 

 

 

 

Nuove edizioni di “La luce sul sentiero” e “I gradini d’oro”


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Edizioni Teosofiche Italiane ha pubblicato, nella consueta elegante veste editoriale, “La Luce sul Sentiero” di Mabel Collins e “I Gradini d’Oro”, due testi brevi che fanno parte della consolidata tradizione letteraria della Società Teosofica.

Li presentiamo di seguito ricordando che per i Gruppi è previsto il consueto sconto del 20% e che per la letteratura teosofica pubblicata in italiano e in inglese è possibile consultare il sito di Edizioni Teosofiche Italiane all’indirizzo web: www.eti-edizioni.it

Patrizia Calvi

Responsabile editoriale di Edizioni Teosofiche Italiane

 

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I Gradini d’Oro di Helena Petrovna Blavatsky

La fondatrice della Società Teosofica, H.P. Blavatsky, diede alcuni di questi precetti per una vita illuminata nella sua lettera circolare del 1890 intitolata: “E.S. Instructions”. Ella affermò che provenivano dal “Book of Discipline” usato per millenni nelle Scuole di Dzyan dagli studenti della Scienza Segreta o Gupta Vidya, in sanscrito.
Tra le diverse regole suggerite da H.P.B. per lo stile di vita dei Chela o studenti accettati della tradizione misterica, c’è un paragrafo dove i Maestri cercano di riassumere varie norme, che qui possiamo trovare per seguire le loro orme verso il Tempio della Saggezza. Il testo è commentato da Danielle Audoin.

Il volumetto è composto da 52 pagine ed è venduto al prezzo di copertina di € 8.00

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La Luce sul Sentiero

“La Luce sul Sentiero” compone, con “La Voce del Silenzio” di H.P. Blavatsky e “Ai Piedi del Maestro” di J. Krishnamurti, la principale trilogia di testi brevi della letteratura teosofica moderna.
Pubblicato per la prima volta a Londra nel 1885 con le sole iniziali M.C. dell’autrice (Mabel Collins), il testo trova nel 1889 la sua versione definitiva.
“La Luce sul Sentiero” si suddivide in due parti fondamentali, contenente ciascuna 21 aforismi, spesso nella forma di vere e proprie indicazioni da praticare per percorrere il sentiero verso la consapevolezza. Alcune di queste sono accompagnate da note di approfondimento. Dopo una ulteriore breve parte dedicata al Karma, il testo propone alcuni commenti, suddivisi in cinque parti.

Il volumetto è composto da 104 pagine ed è venduto al prezzo di copertina di € 10.00

Giancarlo Fabbri, L’inutile banalità di Halloween


L’inutile banalità di Halloween

 

È arrivata Halloween, la notte degli scherzi e del divertimento, dei cortei di bambini che vanno di casa in casa con zucche svuotate e illuminate all’interno chiedendo, come regalo, dolci con la formula “trick or treat” (dolcetto o scherzetto). Fin qui nulla da eccepìre se non fosse per l’aspetto volutamente màcabro con il quale non appare una limpida impronta folkloristica bensì; quella di un oscuro tormento e di una dannazione, popolati di streghe e vampiri, di zombi e mostri vari e con una sola chiara presenza: quella del teschio, inteso non come segno di resurrezione della croce sul gòlgota, la cui parola significa “teschio”.

Si tratta di un avvenimento che non porta nessun rispetto per la morte; è snaturato e dissacrante a cui si contrappone il dono dello spirito santo quale carisma di fede nella celebrazione dei defunti, perché la morte è l’essenza più sacra dell’esistenza del nostro essere che merita rispetto e un riverente atto spirituale da parte dei vivi.

Nella nostra tradizione e con il rischio di passare per dei genitori “retogradi”, possiamo affermare quanto ci sono cari i nostri morti piuttosto che gli zombi; e come sia ormai giunto il momento di spiegare alle famiglie le nostre tradizioni le quali, nonostante il discrèdito, restano le più umane e reali di quelle create e esportate da quei demolitori statunitensi in tutta consapevolezza intellettuale e morale delle proprie idee. Pertanto, la famiglia rimane l’unico mezzo per contrastarle, in quanto gli educatori scolastici sono ormai assuefatti a internet e come rapiti dal web per l’arrogante presenza di virus.

Halloween dà inizio alla notte dei morti viventi (!) e alla sfilata di zucche intarsiate “a mò di teschi” e con finzioni di cadaveri in una arguta atmosfera briosa nel prendersi gioco dei morti senza rendersi conto di una offesa all’idea cristiana della resurrezione, dove la morte non è l’orrore e la tristezza non è la disperazione bensì; l’attesa.

Halloween è una disdicevole e sgradevole festa màcabra che si sforza con la persuasione di entrare nelle nostre vite attraverso la banalità del male; se non dello stesso dèmone.

In tale contestualità esistenziale della verità; voglio essere più razionale di chi la nega, anche perché non intendo essere meno “vanitoso” di lui.

Quando papa Francesco additò nel demonio il nemico assoluto che ci insidia ogni giorno, nessuno sollevò critica alcuna perché è considerato un “progressista”, ma se si fosse trattato di un”laico”, la chiesa sarebbe potuta sprofondare nel buio del medioevo.

Halloween è un festante tragicomico evento dove si agitano le ancestrali paure dell’uomo il quale, catturato dall’ignoto e sgomento verso l’immensa oscurità delle tenebre, cerca di esorcizzarle e offrire un inconsapevole senso all’esistenza, poichè oltre l’infinito orizzonte, sorge la luce solenne che illumina le anime in marcia verso l’evoluzione nella gloria di Dio.

 

Ascona, Novembre 2015

Giancarlo Fabbri,

“Membro della Società Teosofica Svizzera”

Cos’è un Anāgāmī ?


Anāgāmī : chi non è costretto a ritoranare (secondo il buddhismo)

Article général Pour un article plus général, voir Quatre êtres nobles.

Un Anāgāmin ou Anāgāmī (terme pāli signifiant « non-retournant ») est dans le bouddhisme, une personne partiellement éveillée, qui a rompu les cinq premières chaînes (samyojana) qui entravent un esprit ordinaire. Le stade d’Anagami est le troisième des quatre stades de l’éveil et correspond à une certaine expérience du nibbana1.

Les Anagamis sont appelés ceux-qui-ne-reviendront-pas, parce qu’après leur mort il renaissent dans un des mondes célestes de Pure Demeure (Pure Abode), nommé en pâli rupabrahma loka (rūpa : matière ;Brahma : le plus élevé de tous les êtres ; loka : monde), où seuls les Anagamis séjournent. Ils y atteignent l’éveil total (stade d’Arahant).

Les termes pâli pour les chaînes spécifiques d’entraves (samyojana) dont un Anagami est libéré sont :

Article détaillé : Dix Entraves.
  • Sakkāya-diṭṭhi : Croyance au Moi
  • Vicikicchā : Doute Sceptique
  • Sīlabbata-parāmāsa : Attachement aux rites et rituels
  • Kāma-rāga : Appétences sensuelles
  • vyāpāda : Malveillance

Les entraves dont un Anagami n’est pas encore libéré sont :

  • Rūpa-rāga : Appétence pour l’existence dans un monde de matière fine (les 4 premières absorbions méditatives ou jhanas)
  • Arūpa-rāga : Appétence pour l’existence dans un monde sans matière (les 4 jhanas suivantes)
  • Māna : Vanité
  • Uddhacca : Agitation
  • Avijjā : Ignorance

Les Anagamis sont à un stade intermédiaire entre les Sakadagamins et les Arahants. Les Arahants jouissent de la liberté totale des dix entraves. Atteindre le stade de celui-qui-ne-reviendra-pas est décrit dans le canon pâli comme le but idéal pour les laïcs.

Références

  1. Nyanatiloka, Vocabulaire pali-français des termes bouddhiques, Adyar,‎ 1995.

……..Di “altruismo ed egoismo”


……..Di “altruismo ed egoismo”

Il mondo in cui viviamo, sempre più “catturato” da un potere di fenomeni economici, culturali e di costume, assume una dimensione che supera i confini tradizionali e regionali (la globalizzazione) e ci fa riflettere sulla moderna teologia di cui l’uomo tende a rivendicarne una sua autonomia di fede nel rapporto con la parola di Dio, la quale ne sminuirà l’ascendente autorevolezza della religione sulla società civile.
In una visione di vita proiettata nel suo intreccio verso una sua nuova forma e in prospettiva di un mutamento di ciò che è stata la consueta personale relazione (la secolarizzazione), vengono meno quei valori morali che hanno nobilitato la nostra esistenza, portando aiuto all’umanità anziché al nostro tornaconto, per la presenza di un profondo sentimento di altruismo verso un mondo più solidale in cui “la persona assume la prospettiva dell’altro” con la premura e uno stato d’animo misericordioso alfine di alleviarne i disagi ed inquietudini.
Il comprèndere lo stato d’animo dell’altro è un atto concreto dell’uomo che ci rende così promotòri di un comportamento fraterno tra persone tanto che, questa vocazione di altruismo ha consentito lo sviluppo di una civilizzazione contrappòsta a un egoistico aspetto di vita, anche se al momento è un po’ sopito se non del tutto rimosso poiché non basta l’intuizione della mente e vita dell’altro, privilegiando un confronto alla collaborazione, in quanto la capacità di comprensione dell’altro è in funzione della sua finalità.
Lo psicologo Baron-Cohen afferma che la crudeltà non sia parte integrante del “gene umano” bensì; dovuta a una totale mancanza di “empatia” incapace di interagire con gli altri e comprenderne i sentimenti, mentre il collega Martin Hoffman sostiene che l’empatia sia legata allo sviluppo morale nell’uomo.
Pertanto, diventa importante fin dalla prima infanzia che la famiglia insegna ai figli un comportamento di regole e princìpi che impedisca loro motivazioni egoistiche che ignorano i bisogni e diritti altrui e, con essi, l’ètica di una condotta sociale.
L’altruismo è un sentimento di umanità che “relaziona” persone, famiglie e nazioni e non concede spazio a un eccessivo amore di sé stesso a difesa di quel “io” possente da salvaguardare oltre misura; non consente all’incetta di beni e risorse del pianeta e alla folle rincorsa per il denaro, perché l’altruismo è pace nei nostri cuori, illumina i nostri pensieri e rapisce le nostre anime; agita le nostre coscienze e ci fa riflettere sul senso di una vita degna, dove l’immortale spirito dell’uomo trova la gioia di magnificare il creato del Signore per noi uomini misericordiosi e grati del suo infinito amore.

Fabbri Giancarlo, il mese di settembre 2015
Membro della società Teosofica Svizzera

Johannes Sebastian Bach, testo di Giancarlo Fabbri


 

Johannes Sebastian Bach
Celebrare Johannes Sebastian Bach (1’675-1’850) significa riconoscere l’eccèlso interprete e il sommo compositore di musica non solamente sacra degli ultimi 300 anni perché J. S. Bach è un musicista che trascende il tempo e l’origine, andava bene all’epoca in cui visse, va bene oggi e sarà così nel tempo a venire e noi, uomini della nostra modernità in cammino verso il progresso socio-economico e lo sviluppo tecnologico e scientifico, non abbiamo ancora recepìto e accòlto il suo messaggio di salvezza del mondo perché la musica è capace di penetrare le coscienze e consegnare all’uomo la certezza di comprendere ciò che è giusto e sbagliato, dove il termine “giusto” è sinonimo di “emozione”.
Papa Benedetto sedicesimo afferma: “L’origine della musica è l’essere toccati da Dio” e la musica di Bach è il dono di Dio fatto a tutti gli uomini nei quali si rispecchiano i valori di un vicendevole rispetto e l’accettazione di una fraterna condivisione.
La musica è il dono misericordioso rivolto agli uomini, affinché essi non restino indifferenti o del tutto assenti, verso altri uomini bensì, siano compartècipi delle loro vite, vissute spesso nell’indigenza, nel sopruso, nella violenza.
La musica è il dono di una divina visione che scuòte le coscienze e illumina le menti vòlte alla giustizia e la pace tra gli uomini.
L’uomo arriva pertanto a capire e riconoscere il suo messaggio perché Bach è la testimonianza più certa dell’esistenza di qualcosa di superiore all’uomo, alla quale l’uomo stesso può accedervi e acquisire per sé la divina consapevolezza e la percezione di quegli ideali a cui l’uomo aspira nella vita e che si riconoscono in quei valori latenti subito pronti al risveglio dello spirito.
Ma l’uomo, come avvolto in un ostentàto protagonismo e disadàtto ad affrontare le situazioni irrisolte e i bisogni disattèsi della società civile, pare avviarsi verso un decadimènto di quei valori morali condivìsi che erano il fondamento del nostro vivere civile, intellettuale e culturale perché, se in una situazione d’incertezza e di difficoltà vengono a mancare uomini capàci di salvaguardare le istituzioni e l’ordine pubblico; se non ci sono uomini preposti al benessere della collettività attraverso una sperequazione delle risorse della terra; se vengono meno uomini di “buona volontà” che sanno intercettare e interpretare lo spirito della gente e trasmettere la fiducia di un mondo diverso e migliore, la nostra civiltà europea – occidentale s’incammina verso un mesto tramonto a cui solo la trascendentale apparizione salvifica di Bach può porvi rimedio, elevarla e ammaestrarla, costruendole intorno un atto di civiltà quale gesto di una forza morale e ammonendoci, nel contempo, su quanto dramma artistico, quanta umanità e fantastica creazione occorra per giungere a un sentimento poetico di fede e cercare di offrire con la musica un saggio alle coscienze in una religione in grado di esaltare la società civile attraverso il sostegno morale, che consenta all’uomo di ritrovare una sua dignità e ragione d’èssere.
Se contempliamo Bach con ammirazione e raccoglimento, troviamo in lui il “Platone e l’Aristotele” della musica, perché Bach è il mitico titano e il possente gigante che ha forgiato la bellezza del mondo, che salverà il mondo che è di tutti, nessuno escluso.
In una rinnovata fiducia d’intenti l’uomo resosi alfine libero delle imperfezioni e degli errori commessi, rinasce a una vita meritevole di venire vissuta tra il malcelato compiacimento di Johannes Sebastian Bach e l’infinita amorevole misericordia di Dio per noi, uomini di ogni tempo.

Fabbri Giancarlo, il mese di Agosto 2015
Membro della società Teosofica Svizzera

Seminario di Studi Teosofici a Grado (GO) – dal 25 al 27 settembre 2015


teosofica

Seminario di Studi Teosofici a Grado (GO) – dal 25 al 27 settembre 2015

“TEOSOFIA E SUFISMO”
Grado (GO) 25 – 27 settembre 2015
(XXV edizione del Seminario Teosofico di settembre)
NONVIE’ RELIGIONE SUPERIOREALLA VERITA’
Il Seminario si svolgerà da venerdì 25 settembre 2015 (pomeriggio) a domenica 27 settembre
2015 (mattino).
La sede sarà quella dell’Hotel Abbazia****, in Via Cristoforo Colombo, 12 – 34073
Grado (GO) – (telefono 0431 80038 fax n. 0431 81722 e-mail: info@hotel-abbazia.com)
Questi i prezzi per il soggiorno:
– pensione completa, bevande escluse, in camera doppia € 72,00/giorno
– pensione completa, bevande escluse, in camera singola € 78,00/giorno
– pensione completa, bevande escluse, in camera doppia uso singolo € 110,00/giorno
Per chi volesse usufruire di parcheggio il supplemento giornaliero è di € 12,00 (va richiesto
al momento della prenotazione).
Pasti extra per partecipanti esterni (escluse bevande) € 25,00 a persona.
I partecipanti che volessero soggiornare nei giorni successivi o antecedenti il Seminario
potranno farlo, alle stesse condizioni economiche, previa prenotazione.
Per iscriversi compilare e spedire direttamente all’ ”Hotel Abbazia” la scheda sottostante ,
anche via fax, mentre per ulteriori informazioni contattare la Segreteria Generale della S.T.I.
(tel. e fax 0444/962921; e mail sti@teosofica.org).
Il termine delle iscrizioni, che va tassativamente osservato per ragioni organizzative dell’Hotel,
è fissato per il 31 agosto prossimo.
NOTE ORGANIZZATIVE
Per chi viaggia in automobile: Autostrada A4 Venezia-Trieste Uscita PALMANOVA.
Al semaforo dopo l’uscita dal casello autostradale svoltare a destra per prendere la SS352 (Via Julia):
seguire le indicazioni Grado-Aquileia-Cervignano. Al successivo semaforo andare diritti e attraversare
il centro di Cervignano senza cambiare strada (SS352). La SS352 passa attraverso Aquileia
e porta poi sino a Grado. Per i dettagli sull’ubicazione dell’albergo vedi mappa nel sito internet
dell’hotel: http://www.hotel-abbazia.com
Dall’uscita dell’autostrada fino all’albergo ci sono circa 26 km.
Per chi arriva con il treno: linea Venezia – Trieste Fermata Cervignano (del Friuli). Per raggiungere
Grado (circa 20 km) si può prendere:
– Taxi
– Bus (servizio attivo dalle 7:00 alle 20:00 circa)
Per info: http://www.aptgorizia.it/numero verde 800 955 957 da lunedì a venerdì dalle 7:30 alle 19:15,
il sabato dalle 7:30 alle 13:15
oppure http://www.saf.ud.it/numero verde 800 915 303
In caso di necessità, per il trasporto delle persone dalla stazione delle corriere di Grado sino all’albergo,
contattare prima dell’inizio del Seminario la Segreteria Generale della S.T.I.
Per chi arriva con l’aereo: Aeroporto di Trieste (Ronchi dei Legionari) Friuli Venezia Giulia
(www.aeroporto.fvg.it)
Linee dirette da quasi tutte le principali città: Roma, Napoli, Lamezia Terme, Catania, Trapani,
Cagliari, Olbia, Genova, Milano.
Dall’aeroporto per arrivare a Grado (circa 25 km) si può prendere:
– Taxi
– Bus (APT Gorizia – linee 1 e 26) – per info http://www.aptgorizia.it / numero verde 800 955 957 da lunedì
a venerdì dalle 7:30 alle 19:15, il sabato dalle 7:30 alle 13:15
SERVIZIO ACCOGLIENZA E SEGRETERIA PERMANENTE: Presso la Sede del Seminario.
ISCRIZIONE AL SEMINARIO: euro 20,00 da versare al momento dell’arrivo in albergo, con il
ritiro della cartellina personale.

PER PARTECIPARE :

Richiesta completa da indirizzare all’ “Hotel Abbazia” – Via Cristoforo Colombo, 12 – 34073 Grado (GO)
telefono 0431 80038 fax n. 0431 81722 – e-mail: info@hotel-abbazia.com

Cognome :

Nome :

Indirizzo :

Tel. o Fax E-mail :

□ Camera Doppia :

□ Camera singola :

□ Camera doppia uso singola :

Data di arrivo

ora di arrivo

Data di partenza

ora di partenza

Dividerò l’alloggio con

Data

Firma

Il tempo è vita, Giancarlo Fabbri


A mio figlio Davide,

Ingegnere

 

Il tempo è vita

 

Attraverso un’attenta e profonda meditazione sul tempo che passa da una parte all’altra della nostra vita (ma sarebbe più conveniente affermare come sia la nostra vita a passare nel tempo), l’uomo si porta appresso non solo le sue pervicaci certezze, ma anche le imperscrutabili precarietà e le amarezze, retaggi di speranze disattèse e di sogni a lungo inseguiti e cercando di coinvòlgere, a causa delle sue avidità e bramosìe, gli altrui propositi e necessità.

Nella ricerca dell’umano domìnio, vorrei ricordare alcune affermazioni di Gabriel Marcel, filosofo, scrittore, drammaturgo e critico musicale: “La separazione di una razionale ispirazione cartesiana tra il soggetto e l’oggetto ha portato l’uomo a pensare in maniera ingiusta di poter dominare il mondo; pertanto è necessario recuperare l’unità fra soggetto e oggetto partendo “dall’io e dal corpo”, che non è altro da te, in quanto io sono il mio corpo”.

Si comprende come il filosofo abbia voluto evidenziare l’impossibilità di risolvere i problemi “dell’essere” in modo razionale bensì, attraverso la trascendenza, in quanto mistero.

In una situazione tra due princìpi antitètici, l’uno si basa sull’esperienza scientifica e l’altro accetta l’”essere” nella trascendenza; ma per accostarsi ad essa occorre tanto amore, diverso e impareggiabile da qualunque altra fede in Dio, che il filosofo definisce: “Il tu assoluto”.

Esiste poi una differenza tra il problema e il mistero, dove il primo è l’oggetto che fronteggia il soggetto che non è parte del problema in sé trovandosi in una posizione esterna, e quindi privilegiata che gli consente più facilmente una soluzione condivìsa.

È una soluzione scientifica separata dal processo che ha consentito di individuarla, mentre il problema del mistero resta un vero enigma che coinvolge direttamente il soggetto in quanto ìnsito nel mistero dell’essere attraverso la trascendenza. Se nella conoscenza scientifica conta il risultato e non l’autore, nel percorso filosofico l’esito non è disgiunto dall’autore stesso.

L’uomo è continuamente confrontato con il mondo che lo coinvolge e lo trascina in un vago presagio, instabile e proiettato verso una fine inattèsa in un intreccio intellettuale, spirituale e di meditazione, dal quale emergono, tra l’altro, figure paterne privàte di quella autorità parentàle che le avevano contraddistinte e desiderose di ritornare ora agli antichi ruoli nonostante tutto ciò sia problemàtico in questa modernità digitalizzata e dei mass-media che ha influito non poco sulle aspirazioni dei giovani nel rapporto padre-figli.

C’è un tempo della vita e quello dello spirito nei quali l’uomo, rivestitosi di misticismo, vive la sua epoca come fosse un eterno presente amplificato e distòrto in un contesto di attimi fuggènti.

Attraverso il tempo dello spirito, l’uomo indaga sulle sue malinconie e le angosce, invèstiga sulle gioie e le disperazioni e scopre in sé “un essere finito che tende all’infinito” che si compiace di avere in sé un infinito preesistente.

Nonostante viva in lui un anèlito di situazioni incerte ed emozionanti, proiettate verso una rinascita, egli cerca volutamente di distrarsi per non doversi porre troppi quesiti e non cedere alla solitudine forièra di apprensioni angoscianti.

È proprio in questo scorrere di frenetici e incalzanti avvenimenti, che il tempo è vita…

 

 

Ascona, luglio 2015

 

Fabbri Giancarlo,

Membro della Società Teosofica Svizzera

Scienza e spiritualità: dalla molteplicità delle forme all’unità della vita, Pier Giorgio Parola


Scienza e spiritualità: dalla molteplicità delle forme all’unità della vita

Pier Giorgio Parola

Seminario Teosofico di Ascona 20-22 marzo 2015

M.me Blavatsky, anche se probabilmente aveva delle conoscenze, seppur non supportate dalla tecnologia, che erano molto al di là di quelle della scienza del suo tempo, è sempre stata particolarmente attenta, incuriosita dal come le scoperte scientifiche potessero supportare gli insegnamenti teosofici, anche se era molto selettiva e pronta a criticare (vedi The Secret Doctrine Commentaries, 127). I sottotitoli di Iside Svelata e La Dottrina Segreta sono rispettivamente “Una chiave d’accesso ai misteri della scienza antica e moderna e della teologia” e “La sintesi di scienza, religione e filosofia”. Penso che HPB sapesse che un “insegnamento” deve essere in linea con la cultura del momento in cui viene impartito.

In una sua lettera (a Sinnett 45 – ML 44) il mahatma Morya scrive che, nel 1875, la decisione di patrocinare la fondazione della Società Teosofica fu presa da uno o due dei Maestri, malgrado che altri, che dice si capì in seguito essere stati i più saggi, non fossero d’accordo. L’esperimento era principalmente dovuto al bisogno di aiutare gli uomini della quarta catena a realizzare il loro compito: il magistero, il dominio della materia nel suo stato più denso. La dottrina teosofica ci dice che ora siamo giunti alla fine di una fase involutiva che, dopo una interminabile successione di cicli di minimizzazione, ha portato l’umanità in un mondo (globo D) in cui la materia è tale da consentirci una consapevole localizzazione (sthūla sharīra) in uno spazio tridimensionale. “La vostra razza, la quinta, avrà raggiunto il proprio punto massimo di intelligenza fisica e avrà sviluppato la più alta civilizzazione (ricordate la differenza che noi facciamo tra civilizzazione materiale e spirituale) e non sarà in grado di evolvere ulteriormente lungo il proprio ciclo, il suo progredire verso il male assoluto verrà fermato… da un cambiamento catastrofico; la sua grande civiltà sarà distrutta e tutte le sottorazze di tale razza, dopo un breve periodo di gloria e di sapienza, percorreranno la fase discendente dei loro cicli” (Lettera a Sinnet 93b – ML 23b).

La “seconda affermazione della dottrina segreta esprime l’assoluta generalità della legge di ciclicità, di afflusso e deflusso, la stessa legge che la fisica ha osservato e registrato in tutti i campi della natura. L’alternarsi del giorno e della notte, della vita e della morte, del sonno e della veglia, è un fatto così comune, assolutamente universale e senza eccezioni, che è facile capire come vi possiamo ravvisare una delle leggi fondamentali dell’universo” (DS, 1, 17) e nella sua esposizione canonica originaria, si tratta di una dottrina (sostenuta da Platone e intuita da Goethe) che è precipuo patrimonio della lezione di M.me Blavatsky e dei suoi Maestri (vedi la lettera 18 – ML 9) ed è quello che, nel rispetto della tradizione, differenzia la teosofia moderna dagli insegnamenti exoterici precedentemente divulgati sia in oriente che in occidente. Nel momento di inversione della tendenza involutiva c’è il punto di maggiore attrito, quello in cui la mente dell’uomo può cogliere il frutto del manvantara: “…..in questo nostro universo… la divinità guida le sue rivoluzioni circolari, ma talvolta, una volta che le rivoluzioni hanno raggiunto una durata la cui misura compete a questo universo, le abbandona a sè stesse; esso si avvia nuovamente a girare nel senso opposto, di suo proprio moto….” (Platone, Politico).

Delle intelligenze sorvegliano e dirigono il cosmo, secondo il progetto della mente universale e la teoria dei cicli, che costituisce la seconda delle tre proposizioni del proemio del La Dottrina Segreta, comporta che il processo involutivo, durato miliardi di anni, che ha portato l’umanità fino alla metà del ciclo, nel punto più lontano, inverta a questo punto la propria direzione per riportarla all’origine. Questo è il compito che è la mèta di una delle tre correnti dell’evoluzione (fisica, psichica e monadica) ed è il coronamento del manvantara.

L’obiettivo si raggiunge in Terra ed ora, sul quarto globo, durante la quarta ronda e nella quinta razza, gli scienziati, che sono gli addetti alla bisogna, hanno la stessa dignità ed importanza dei filosofi e dei mistici. Due passaggi delle lettere di K.H. ci introducono al tema del nostro incontro: nel giugno del 1882 (L 65 – ML 11) il Maestro dice, ad A. O. Hume, che “la scienza moderna è il nostro migliore alleato, ma generalmente si tramuta in un’arma usata per colpirci”, ed un mese più tardi (L 66 – ML 14) spiega, con uno schema, che nella nostra quarta ronda “nella fase discendente l’intelletto sopraffà la spiritualità e nella fase ascendente la spiritualità supera l’intelletto”.

Per quanto riguarda la seconda affermazione occorre tenere presente che secondo l’insegnamento esoterico le due fasi non hanno una connotazione etica (l’epoca del male e quella del bene), non sono due fenomeni separati, ma sono due aspetti inseparabili dello stesso ciclo, l’uno la preparazione dell’altro. Se, come pare, il movimento teosofico è legato al tantrismo buddhista non si può non porre l’accento sul fatto che è in questo nostro mondo che dobbiamo realizzarci. L’importante è conoscerci, cercare di vederci nel nostro contesto spazio temporale, ricordando che ogni manifestazione, fisiologica, astronomica, economica, sociale, politica, ecc., è ciclica, che i momenti di involuzione e di evoluzione delle varie individualità, collettive e personali, si intrecciano e accavallano, e fare del nostro meglio.

Evitando però che una giusta reazione al materialismo, che ormai è diventato consumismo, idolatria di quel consumo che dovrebbe essere una ineluttabile necessità, diventi un altrettanto squilibrato desiderio di spiritualità, dimentico della ciclicità, della necessità di mediare filosoficamente tra la razionalità, basata sull’evidenza, della scienza e quel desiderio che nel mondo della forma (rupa) è sempre pericoloso. Lo studio dei “cicli” ha un enorme impatto sulla nostra valutazione del progresso etico e morale in quanto ne risulta uno sviluppo non lineare, uno sviluppo che consiste in un interminabile alternarsi di momenti di involuzione ed evoluzione che sono a loro volta assoggettati a innumerevoli variazioni interne. Quello che va bene oggi potrebbe non essere appropriato nel futuro e si potrebbe fare del male pur pensando di essere nel giusto, e non è detto che quello che va bene per uno vada bene per un altro. Non si dovrebbe dare troppa importanza al desiderio di un proprio progresso personale (la teosofia della remunerazione) perdendo di vista la stella polare costituita dalle tre proposizioni del proemio della D.S.: l’eternità di un Universo che periodicamente si manifesta in infiniti universi, che si manifestano e scompaiono secondo una universale legge di periodicità.

Ma cos’è quella scienza che il Maestro considera “il nostro migliore alleato”? E perchè può diventare un’arma per colpirci?

“A parte” il fatto che, contrariamente alla tradizione teosofica che afferma che nell’universo ogni cosa è viva, per la scienza la vita è stata originata, tramite delle reazioni che ormai non sono più in atto, da una materia non vivente, dopo Copernico e Galileo gli scienziati hanno operato convinti che la “realtà” fosse oggettivabile, che la si potesse quantificare e misurare, e in pochi secoli, ritenendosi al di sopra di ogni obbligazione etica, hanno contribuito a creare un mondo dominato da una tecnologia schiava dei finanziamenti (che “conoscono” solo il profitto) e spesso insensibile alle crudeltà della sperimentazione e, più che i “migliori alleati” disponibili, sono divenuti coloro che hanno reso gli uomini un problema per la Terra, una minaccia ecologica (tra effetti serra e timori nucleari ed i fanatismi sempre di moda c’è forse la premessa per una nuova ciclica catastrofe?) ma, allo stesso tempo, la tecnologia con la facilità di comunicazione ha favorito la globalizzazione, l’unione delle più varie civiltà, che si fondono e fecondano reciprocamente, con la conseguente, graduale, seppur crudele e dolorosa per le posizioni spesso troppo manichee, realizzazione di una cultura comune, una koinè (l’inglese) ed un patrimonio condiviso di conoscenze ed esperienze. La visione scientifica del cosmo, un monoculturalismo su cui si fonda la tradizione culturale e filosofica occidentale, ha ricevuto l’influenza di culture che hanno una diversa considerazione del tempo, del suo processo ciclico, c’è stato quell’incontro fra il grande pensiero filosofico di un oriente con una (supposta) alta spiritualità e un occidente materialista che sembra fosse nelle mire dei primi teosofi. Nell’Odissea leggiamo che “gli dèi tramano sventure perchè in futuro gli uomini abbiano cose da cantare…”.

Durante i 140 anni che sono passati dal momento della costituzione della Società Teosofica la scienza ha cercato di scoprire gli elementi fondamentali della materia degli oggetti con una metodologia limitata allo studio degli aspetti quantificabili e misurabili delle cose, ha preteso un’universalità in seguito a delle scelte al di là della scientificità, dell’episteme, con una concezione della natura considerata come un corpo a sè, contrapposta a un mondo dello spirito altrettanto isolato (in pratica e teoria).

E tuttavia una scienza senza un valido fondamento, e non ancora pronta a pensare a ciò che sta al di là del quantificabile, è pervenuta con la fisica postquantistica a dei modelli olistici che non possono essere ridotti in elementi separati: Niels Bohr ha detto che “se si vuole interpretare la meccanica quantistica si deve considerare il pensiero come un’essenza fisica”.

Il problema della scienza sta ora nello stabilire se la materia fisica e le sue operazioni sono sufficienti a descrivere la realtà, la vita, la presenza di un ordine, di vari stati di coscienza, il pensiero e la volontà, la creatività e le intuizioni, e tutta una serie di fenomeni, ovvero se tutto dipende dal mondo fisico o se questo è influenzato da dei mondi “superiori”, dei mondi composti da sostanze di diversa costituzione, relativi a degli stati di coscienza diversi: stati di coscienza privilegiati dalla sostanza dei globi stessi, una sostanza originata dall’energia degli stati di coscienza stessi. Si tratta di quell’esistenza di una realtà al di là dell’apparenza fisica che ha sovente intrigato gli artisti: il nero tenebroso che si scopre oltre lo squarcio della materia delle tele di Fontana, al di là del piano fisico. L’attuale visione che la scienza moderna ha del mondo ha la pretesa di essere accettata per la propria razionalità matematica, ma esclude altre forme di conoscenza altrettanto coerenti, come l’immaginazione e l’intituizione (a cui però “evidentemente” ogni scienziato deve inizialmente ricorrere), e non può quindi conoscere gli aspetti della realtà che sono vietati all’attuale metodo scientifico in quanto sono propri di altri piani: “i metodi che sono usati dai nostri esperti e dagli studiosi delle discipline psico-spirituali, non differiscono da quelli degli studiosi delle scienze naturali e fisiche. Senonchè l’ambito della nostra indagine si trova su un altro piano e i nostri strumenti non sono fatti dalle mani dell’uomo, e per questa ragione sono forse ancora più affidabili” (La Chiave della Teosofia, ed. ETI, pag. 72). Quando si parla di scienza si parla di metodo scientifico e, tradizionalmente anche per i Maestri, le “visioni spirituali, che sono delle vere indagini compiute per mezzo di sensi sia fisici che spirituali non ostacolati dagli errori di una materia cieca, sono state sistematicamente verificate e confrontate le une con le altre e la loro qualità è stata vagliata… è stato accettato solo ciò che è stato riconosciuto come verità stabilita essendo stato costantemente confermato, in pieno accordo, in varie epoche e in ambienti differenti, e attraverso tutta una occulta serie di continue indagini” (lettera 18 – ML 9).

Gli scienziati, limitando le loro ricerche al piano in cui possono localizzare e quantificare le cose, si comportano come l’ubriaco del mullah Nasruddin che, una notte, cercava sotto l’unico lampione della strada le chiavi che aveva perso, giustificandosi col dire che “è l’unico posto in cui riesco a vedere qualcosa”. La certezza di un risultato si ha quando si quantifica qualcosa di fisico, qualcosa che è relativo al globo D, ed i risultati della fisica e della chimica possono essere considerati certi, ma quando si tratta delle scienze umanistiche, di sociologia, di economia, ecc., di quanto è relativo agli stati di coscienza propri dei globi “superiori” non c’è certezza, ma ci si deve limitare a delle previsioni stocastiche. Si deve quindi considerare l’uomo composto da corpo, anima e spirito, con una natura non solo fisica, ma anche psichica e spirituale che può percepire anche qualitativamente lo spazio, il tempo, la materia e gli altri fenomeni fisici.

Premettendo che per la dottrina teosofica la spiritualità non è il contrario della materialità, ma bensì della forma, la chiave per comprendere l’intero processo sta nella costituzione dei sette globi della catena planetaria terrestre, i mondi in cui si può agire, ed HPB ce la fornisce dicendo che i globi sono coaduniti, ma non consustanziali. HPB è molto chiara quando scrive che: “Nel sistema solare (lasciamo stare l’intero kosmos) la materia differenziata esiste in sette differenti condizioni e poiché prajna, che è la capacità di percepire, ha anch’essa sette aspetti diversi in corrispondenza ai sette stati della materia, devono necessariamente esserci sette stati di coscienza nell’uomo, e le religioni e le filosofie sono organizzate secondo il maggiore o minore sviluppo di questi stati” (DS, II, 597 nota).

Secondo l’insegnamento teosofico la Terra, oltre che un mondo fisico, è un insieme di mondi, invisibili per i nostri sensi fisici, che si compenetrano, interagiscono con il nostro piano di coscienza fisico (sthūla sharira) e lo organizzano: la materia fisica è il veicolo visibile e quantificabile di un progetto universale. Questi mondi sono i globi della nostra catena terrestre, situati sui quattro piani di coscienza più bassi, quelli della forma (rupa), e sono dei mondi, coaduniti, ma non consustanziali, che privilegiano lo stato di coscienza del piano su cui si trovano. Il percorso di un’“onda di vita” attraverso tutti i (sette) globi di una catena planetaria viene detto ronda (planetaria) e durante ogni ronda (termine giudicato alquanto fuorviante dai maestri) si ha lo sviluppo di un elemento-princìpio. L’onda di vita passa per sette volte attraverso i globi di ogni catena sviluppando quindi gradualmente i sette princìpi. Ora, HPB afferma chiaramente che durante la quarta ronda non si può pensare di potere avere quel manas (il quinto principio) illuminato che sarà proprio del regno umano alla fine della quinta ronda, sebbene, poichè nel susseguirsi delle ronde e delle razze a dati numeri corrispondono analogicamente dei precisi stati coscienziali, gli uomini della quinta razza stiano facendo una sperimentazione, una prova, di quella che sarà un’esperienza futura (di norma, poichè vi sono uomini che hanno raggiunto in anticipo degli stati di coscienza che saranno normali per delle razze future, intendendo per razza un periodo d’evoluzione, derivando il termine dalla radice latina ratio, natura, genere, sorta, e non da radix).

In conclusione chi intende conformarsi al progetto universale deve ricordare che, come disse al Makki, “si deve sempre essere occupati a fare quello che si deve fare in un dato momento” e, di conseguenza, sapere trovare quel giusto equilibrio tra esprit de géométrie ed esprit de finesse, consigliato da Pascal, tra le tre correnti evolutive: valersi della consapevolezza della fratellanza e dell’etica per preparare un perfetto veicolo materiale per l’uomo “spirituale”.

Fino ad ora, alla metà della quarta ronda il lavoro è stato un ripasso, un allenamento, ma d’ora in poi incomincia il vero lavoro creativo. Il lavoro che è sacrificio, il lavoro che “si sceglie” di fare senza chiedersi “cosa ci guadagno” (personalmente). Siamo all’inizio del “viaggio di ritorno”.

Non bisogna avere fretta, Nicolas Valois, l’alchimista, ammonisce che “la pazienza è la scala dei filosofi e l’umiltà è la porta del loro giardino”. In un lontano futuro, su altri globi, la scienza (arricchita dall’esperienza fatta sul globo D) avrà a disposizione degli strumenti (sensi) che le renderanno possibile (secondo l’aneddoto del mullah Nasruddin) ampliare gradualmente il raggio della propria ricerca in attesa del sorgere della luce di un nuovo giorno in un mondo nuovo……..

Scienza e spiritualità: dalla molteplicità delle forme all’unità della vita

Pier Giorgio Parola

Seminario Teosofico di Ascona 20-22 marzo 2015

M.me Blavatsky, anche se probabilmente aveva delle conoscenze, seppur non supportate dalla tecnologia, che erano molto al di là di quelle della scienza del suo tempo, è sempre stata particolarmente attenta, incuriosita dal come le scoperte scientifiche potessero supportare gli insegnamenti teosofici, anche se era molto selettiva e pronta a criticare (vedi The Secret Doctrine Commentaries, 127). I sottotitoli di Iside Svelata e La Dottrina Segreta sono rispettivamente “Una chiave d’accesso ai misteri della scienza antica e moderna e della teologia” e “La sintesi di scienza, religione e filosofia”. Penso che HPB sapesse che un “insegnamento” deve essere in linea con la cultura del momento in cui viene impartito.

In una sua lettera (a Sinnett 45 – ML 44) il mahatma Morya scrive che, nel 1875, la decisione di patrocinare la fondazione della Società Teosofica fu presa da uno o due dei Maestri, malgrado che altri, che dice si capì in seguito essere stati i più saggi, non fossero d’accordo. L’esperimento era principalmente dovuto al bisogno di aiutare gli uomini della quarta catena a realizzare il loro compito: il magistero, il dominio della materia nel suo stato più denso. La dottrina teosofica ci dice che ora siamo giunti alla fine di una fase involutiva che, dopo una interminabile successione di cicli di minimizzazione, ha portato l’umanità in un mondo (globo D) in cui la materia è tale da consentirci una consapevole localizzazione (sthūla sharīra) in uno spazio tridimensionale. “La vostra razza, la quinta, avrà raggiunto il proprio punto massimo di intelligenza fisica e avrà sviluppato la più alta civilizzazione (ricordate la differenza che noi facciamo tra civilizzazione materiale e spirituale) e non sarà in grado di evolvere ulteriormente lungo il proprio ciclo, il suo progredire verso il male assoluto verrà fermato… da un cambiamento catastrofico; la sua grande civiltà sarà distrutta e tutte le sottorazze di tale razza, dopo un breve periodo di gloria e di sapienza, percorreranno la fase discendente dei loro cicli” (Lettera a Sinnet 93b – ML 23b).

La “seconda affermazione della dottrina segreta esprime l’assoluta generalità della legge di ciclicità, di afflusso e deflusso, la stessa legge che la fisica ha osservato e registrato in tutti i campi della natura. L’alternarsi del giorno e della notte, della vita e della morte, del sonno e della veglia, è un fatto così comune, assolutamente universale e senza eccezioni, che è facile capire come vi possiamo ravvisare una delle leggi fondamentali dell’universo” (DS, 1, 17) e nella sua esposizione canonica originaria, si tratta di una dottrina (sostenuta da Platone e intuita da Goethe) che è precipuo patrimonio della lezione di M.me Blavatsky e dei suoi Maestri (vedi la lettera 18 – ML 9) ed è quello che, nel rispetto della tradizione, differenzia la teosofia moderna dagli insegnamenti exoterici precedentemente divulgati sia in oriente che in occidente. Nel momento di inversione della tendenza involutiva c’è il punto di maggiore attrito, quello in cui la mente dell’uomo può cogliere il frutto del manvantara: “…..in questo nostro universo… la divinità guida le sue rivoluzioni circolari, ma talvolta, una volta che le rivoluzioni hanno raggiunto una durata la cui misura compete a questo universo, le abbandona a sè stesse; esso si avvia nuovamente a girare nel senso opposto, di suo proprio moto….” (Platone, Politico).

Delle intelligenze sorvegliano e dirigono il cosmo, secondo il progetto della mente universale e la teoria dei cicli, che costituisce la seconda delle tre proposizioni del proemio del La Dottrina Segreta, comporta che il processo involutivo, durato miliardi di anni, che ha portato l’umanità fino alla metà del ciclo, nel punto più lontano, inverta a questo punto la propria direzione per riportarla all’origine. Questo è il compito che è la mèta di una delle tre correnti dell’evoluzione (fisica, psichica e monadica) ed è il coronamento del manvantara.

L’obiettivo si raggiunge in Terra ed ora, sul quarto globo, durante la quarta ronda e nella quinta razza, gli scienziati, che sono gli addetti alla bisogna, hanno la stessa dignità ed importanza dei filosofi e dei mistici. Due passaggi delle lettere di K.H. ci introducono al tema del nostro incontro: nel giugno del 1882 (L 65 – ML 11) il Maestro dice, ad A. O. Hume, che “la scienza moderna è il nostro migliore alleato, ma generalmente si tramuta in un’arma usata per colpirci”, ed un mese più tardi (L 66 – ML 14) spiega, con uno schema, che nella nostra quarta ronda “nella fase discendente l’intelletto sopraffà la spiritualità e nella fase ascendente la spiritualità supera l’intelletto”.

Per quanto riguarda la seconda affermazione occorre tenere presente che secondo l’insegnamento esoterico le due fasi non hanno una connotazione etica (l’epoca del male e quella del bene), non sono due fenomeni separati, ma sono due aspetti inseparabili dello stesso ciclo, l’uno la preparazione dell’altro. Se, come pare, il movimento teosofico è legato al tantrismo buddhista non si può non porre l’accento sul fatto che è in questo nostro mondo che dobbiamo realizzarci. L’importante è conoscerci, cercare di vederci nel nostro contesto spazio temporale, ricordando che ogni manifestazione, fisiologica, astronomica, economica, sociale, politica, ecc., è ciclica, che i momenti di involuzione e di evoluzione delle varie individualità, collettive e personali, si intrecciano e accavallano, e fare del nostro meglio.

Evitando però che una giusta reazione al materialismo, che ormai è diventato consumismo, idolatria di quel consumo che dovrebbe essere una ineluttabile necessità, diventi un altrettanto squilibrato desiderio di spiritualità, dimentico della ciclicità, della necessità di mediare filosoficamente tra la razionalità, basata sull’evidenza, della scienza e quel desiderio che nel mondo della forma (rupa) è sempre pericoloso. Lo studio dei “cicli” ha un enorme impatto sulla nostra valutazione del progresso etico e morale in quanto ne risulta uno sviluppo non lineare, uno sviluppo che consiste in un interminabile alternarsi di momenti di involuzione ed evoluzione che sono a loro volta assoggettati a innumerevoli variazioni interne. Quello che va bene oggi potrebbe non essere appropriato nel futuro e si potrebbe fare del male pur pensando di essere nel giusto, e non è detto che quello che va bene per uno vada bene per un altro. Non si dovrebbe dare troppa importanza al desiderio di un proprio progresso personale (la teosofia della remunerazione) perdendo di vista la stella polare costituita dalle tre proposizioni del proemio della D.S.: l’eternità di un Universo che periodicamente si manifesta in infiniti universi, che si manifestano e scompaiono secondo una universale legge di periodicità.

Ma cos’è quella scienza che il Maestro considera “il nostro migliore alleato”? E perchè può diventare un’arma per colpirci?

“A parte” il fatto che, contrariamente alla tradizione teosofica che afferma che nell’universo ogni cosa è viva, per la scienza la vita è stata originata, tramite delle reazioni che ormai non sono più in atto, da una materia non vivente, dopo Copernico e Galileo gli scienziati hanno operato convinti che la “realtà” fosse oggettivabile, che la si potesse quantificare e misurare, e in pochi secoli, ritenendosi al di sopra di ogni obbligazione etica, hanno contribuito a creare un mondo dominato da una tecnologia schiava dei finanziamenti (che “conoscono” solo il profitto) e spesso insensibile alle crudeltà della sperimentazione e, più che i “migliori alleati” disponibili, sono divenuti coloro che hanno reso gli uomini un problema per la Terra, una minaccia ecologica (tra effetti serra e timori nucleari ed i fanatismi sempre di moda c’è forse la premessa per una nuova ciclica catastrofe?) ma, allo stesso tempo, la tecnologia con la facilità di comunicazione ha favorito la globalizzazione, l’unione delle più varie civiltà, che si fondono e fecondano reciprocamente, con la conseguente, graduale, seppur crudele e dolorosa per le posizioni spesso troppo manichee, realizzazione di una cultura comune, una koinè (l’inglese) ed un patrimonio condiviso di conoscenze ed esperienze. La visione scientifica del cosmo, un monoculturalismo su cui si fonda la tradizione culturale e filosofica occidentale, ha ricevuto l’influenza di culture che hanno una diversa considerazione del tempo, del suo processo ciclico, c’è stato quell’incontro fra il grande pensiero filosofico di un oriente con una (supposta) alta spiritualità e un occidente materialista che sembra fosse nelle mire dei primi teosofi. Nell’Odissea leggiamo che “gli dèi tramano sventure perchè in futuro gli uomini abbiano cose da cantare…”.

Durante i 140 anni che sono passati dal momento della costituzione della Società Teosofica la scienza ha cercato di scoprire gli elementi fondamentali della materia degli oggetti con una metodologia limitata allo studio degli aspetti quantificabili e misurabili delle cose, ha preteso un’universalità in seguito a delle scelte al di là della scientificità, dell’episteme, con una concezione della natura considerata come un corpo a sè, contrapposta a un mondo dello spirito altrettanto isolato (in pratica e teoria).

E tuttavia una scienza senza un valido fondamento, e non ancora pronta a pensare a ciò che sta al di là del quantificabile, è pervenuta con la fisica postquantistica a dei modelli olistici che non possono essere ridotti in elementi separati: Niels Bohr ha detto che “se si vuole interpretare la meccanica quantistica si deve considerare il pensiero come un’essenza fisica”.

Il problema della scienza sta ora nello stabilire se la materia fisica e le sue operazioni sono sufficienti a descrivere la realtà, la vita, la presenza di un ordine, di vari stati di coscienza, il pensiero e la volontà, la creatività e le intuizioni, e tutta una serie di fenomeni, ovvero se tutto dipende dal mondo fisico o se questo è influenzato da dei mondi “superiori”, dei mondi composti da sostanze di diversa costituzione, relativi a degli stati di coscienza diversi: stati di coscienza privilegiati dalla sostanza dei globi stessi, una sostanza originata dall’energia degli stati di coscienza stessi. Si tratta di quell’esistenza di una realtà al di là dell’apparenza fisica che ha sovente intrigato gli artisti: il nero tenebroso che si scopre oltre lo squarcio della materia delle tele di Fontana, al di là del piano fisico. L’attuale visione che la scienza moderna ha del mondo ha la pretesa di essere accettata per la propria razionalità matematica, ma esclude altre forme di conoscenza altrettanto coerenti, come l’immaginazione e l’intituizione (a cui però “evidentemente” ogni scienziato deve inizialmente ricorrere), e non può quindi conoscere gli aspetti della realtà che sono vietati all’attuale metodo scientifico in quanto sono propri di altri piani: “i metodi che sono usati dai nostri esperti e dagli studiosi delle discipline psico-spirituali, non differiscono da quelli degli studiosi delle scienze naturali e fisiche. Senonchè l’ambito della nostra indagine si trova su un altro piano e i nostri strumenti non sono fatti dalle mani dell’uomo, e per questa ragione sono forse ancora più affidabili” (La Chiave della Teosofia, ed. ETI, pag. 72). Quando si parla di scienza si parla di metodo scientifico e, tradizionalmente anche per i Maestri, le “visioni spirituali, che sono delle vere indagini compiute per mezzo di sensi sia fisici che spirituali non ostacolati dagli errori di una materia cieca, sono state sistematicamente verificate e confrontate le une con le altre e la loro qualità è stata vagliata… è stato accettato solo ciò che è stato riconosciuto come verità stabilita essendo stato costantemente confermato, in pieno accordo, in varie epoche e in ambienti differenti, e attraverso tutta una occulta serie di continue indagini” (lettera 18 – ML 9).

Gli scienziati, limitando le loro ricerche al piano in cui possono localizzare e quantificare le cose, si comportano come l’ubriaco del mullah Nasruddin che, una notte, cercava sotto l’unico lampione della strada le chiavi che aveva perso, giustificandosi col dire che “è l’unico posto in cui riesco a vedere qualcosa”. La certezza di un risultato si ha quando si quantifica qualcosa di fisico, qualcosa che è relativo al globo D, ed i risultati della fisica e della chimica possono essere considerati certi, ma quando si tratta delle scienze umanistiche, di sociologia, di economia, ecc., di quanto è relativo agli stati di coscienza propri dei globi “superiori” non c’è certezza, ma ci si deve limitare a delle previsioni stocastiche. Si deve quindi considerare l’uomo composto da corpo, anima e spirito, con una natura non solo fisica, ma anche psichica e spirituale che può percepire anche qualitativamente lo spazio, il tempo, la materia e gli altri fenomeni fisici.

Premettendo che per la dottrina teosofica la spiritualità non è il contrario della materialità, ma bensì della forma, la chiave per comprendere l’intero processo sta nella costituzione dei sette globi della catena planetaria terrestre, i mondi in cui si può agire, ed HPB ce la fornisce dicendo che i globi sono coaduniti, ma non consustanziali. HPB è molto chiara quando scrive che: “Nel sistema solare (lasciamo stare l’intero kosmos) la materia differenziata esiste in sette differenti condizioni e poiché prajna, che è la capacità di percepire, ha anch’essa sette aspetti diversi in corrispondenza ai sette stati della materia, devono necessariamente esserci sette stati di coscienza nell’uomo, e le religioni e le filosofie sono organizzate secondo il maggiore o minore sviluppo di questi stati” (DS, II, 597 nota).

Secondo l’insegnamento teosofico la Terra, oltre che un mondo fisico, è un insieme di mondi, invisibili per i nostri sensi fisici, che si compenetrano, interagiscono con il nostro piano di coscienza fisico (sthūla sharira) e lo organizzano: la materia fisica è il veicolo visibile e quantificabile di un progetto universale. Questi mondi sono i globi della nostra catena terrestre, situati sui quattro piani di coscienza più bassi, quelli della forma (rupa), e sono dei mondi, coaduniti, ma non consustanziali, che privilegiano lo stato di coscienza del piano su cui si trovano. Il percorso di un’“onda di vita” attraverso tutti i (sette) globi di una catena planetaria viene detto ronda (planetaria) e durante ogni ronda (termine giudicato alquanto fuorviante dai maestri) si ha lo sviluppo di un elemento-princìpio. L’onda di vita passa per sette volte attraverso i globi di ogni catena sviluppando quindi gradualmente i sette princìpi. Ora, HPB afferma chiaramente che durante la quarta ronda non si può pensare di potere avere quel manas (il quinto principio) illuminato che sarà proprio del regno umano alla fine della quinta ronda, sebbene, poichè nel susseguirsi delle ronde e delle razze a dati numeri corrispondono analogicamente dei precisi stati coscienziali, gli uomini della quinta razza stiano facendo una sperimentazione, una prova, di quella che sarà un’esperienza futura (di norma, poichè vi sono uomini che hanno raggiunto in anticipo degli stati di coscienza che saranno normali per delle razze future, intendendo per razza un periodo d’evoluzione, derivando il termine dalla radice latina ratio, natura, genere, sorta, e non da radix).

In conclusione chi intende conformarsi al progetto universale deve ricordare che, come disse al Makki, “si deve sempre essere occupati a fare quello che si deve fare in un dato momento” e, di conseguenza, sapere trovare quel giusto equilibrio tra esprit de géométrie ed esprit de finesse, consigliato da Pascal, tra le tre correnti evolutive: valersi della consapevolezza della fratellanza e dell’etica per preparare un perfetto veicolo materiale per l’uomo “spirituale”.

Fino ad ora, alla metà della quarta ronda il lavoro è stato un ripasso, un allenamento, ma d’ora in poi incomincia il vero lavoro creativo. Il lavoro che è sacrificio, il lavoro che “si sceglie” di fare senza chiedersi “cosa ci guadagno” (personalmente). Siamo all’inizio del “viaggio di ritorno”.

Non bisogna avere fretta, Nicolas Valois, l’alchimista, ammonisce che “la pazienza è la scala dei filosofi e l’umiltà è la porta del loro giardino”. In un lontano futuro, su altri globi, la scienza (arricchita dall’esperienza fatta sul globo D) avrà a disposizione degli strumenti (sensi) che le renderanno possibile (secondo l’aneddoto del mullah Nasruddin) ampliare gradualmente il raggio della propria ricerca in attesa del sorgere della luce di un nuovo giorno in un mondo nuovo……..